Migranti: tutelare le minoranze per tutelare lo Stato

Nell’ultimo periodo in molti si sono chiesti quale fosse la ragione che spingesse i media e la politica a soffermarsi su eventi che avessero ad oggetto persone di colore, trascurando eventi simili capitati a persone estranee a tale categoria: la risposta più comune è stata pensare che gli organi politici e di informazione avessero a cuore solo i diritti dei primi, infischiandosene di quelli altrui; una discriminazione a contrario bella e buona.

La realtà, è però ben diversa.

Uno dei compiti fondamentali di uno stato democratico è quello di garantire la tutela delle minoranze (etniche, religiose, linguistiche, persone soggette a impedimenti sia psicofisici che sociali): la storia ce lo insegna, in quanto più deboli queste possono essere facilmente soggette a emarginazione sociale, atti intimidatori e violenti, pulizia etnica.

E’ evidente che siamo in un periodo storico in cui gli immigrati e le persone di colore nello specifico sono una minoranza sempre nell’occhio del ciclone, che da più parti siano stati definiti come il problema principale del nostro paese: si parla di emergenza, invasione, addirittura di sostituzione etnica in corso.

Ed è preoccupante: non ci sono dati oggettivi che indichino l’aumento complessivo dei crimini, né che dimostrino una maggiore percentuale di reati da parte di immigrati; la spesa per far fronte all’immigrazione è di 5 miliardi di euro (non computati nel rapporto deficit/pil e non altrimenti spendibili) mentre la corruzione e l’evasione fiscale ce ne costano almeno 30 volte tanto ma la maggioranza dei cittadini non ne ha percezione.
D’altra parte una campagna ben studiata di fake news ha creato falsi simulacri come quello dei migranti che prendono 35 euro al giorno (che invece vanno agli italiani che li gestiscono) o quello dei finti profughi che in accordo con gli scafisti metterebbero in atto una sceneggiata al solo scopo di invaderci (sceneggiata che è costata 15mila morti in 5 anni), sdoganando la figura del migrante come nemico e causa di tutti i mali.

In un quadro del genere è ovvio che eventuali reati aventi sfondo razzista, ovvero quelli la cui causa unica o principale sia l’appartenenza della vittima designata ad una specifica etnia, debbano essere evidenziati ed avversati dalle forze politiche e dall’opinione pubblica democratiche: il rischio è che diventino consuetudine, che ogni persona che veda frustrati i suoi interessi scarichi il malcontento su chi ad oggi sembra essere l’unica causa dei problemi del nostro paese.
La storia ci insegna che trascurare questi segnali dà il via ai più grandi e disumani abomini.

Tutelare chi appartiene ad una minoranza non significa poi, come erroneamente molti hanno affermato, non tutelare gli altri cittadini: questi ultimi godrebbero allo stesso modo del diritto di difesa anche qualora non esistesse alcuna minoranza.

La tutela e l’attenzione speciale nei confronti dei membri delle minoranze sono tali perché non è in gioco l’interesse di un singolo individuo bensì quelli di un intero gruppo (la minoranza di appartenenza); se preso singolarmente un reato commesso nei confronto di un membro di una minoranza non ha un significato particolar, ma a livello globalepotrebbe non essere così: la persona potrebbe essere attaccata per colpire una specifica etnia, nazionalità, una minoranza in quanto tale, pur non avendo l’aggressore alcun motivo personale nei confronti della vittima.

Non è così per i reati commessi dai migranti: fino ad oggi non esistono atti che testimoniano di una specifica volontà di colpire italiani in quanto appartenenti a tale collettività, occorre pertanto punire il reato così come previsto dalla legge ma non si può parlare in alcun modo di discriminazione al contrario.

Mettere sul banco degli imputati una minoranza in quanto diversa dal potere dominante è un meccanismo che uno Stato democratico e pluralista come il nostro non può e non deve avallare, perché così facendo porrebbe le basi per la distruzione dei principi su cui si fonda.

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