Il 9 maggio scorso ha festeggiato il suo 106° compleanno, infatti è nato a Ceccano nel 1918, e attorniato dall’affetto dei suoi figli e dai numerosi nipoti è stato celebrato anche dall’Amministrazione comunale, con la consegna da parte del Sindaco di una targa ricordo. Parliamo di Tommaso Pizzuti, ancora in grado, nonostante qualche acciacco, di raccontarci la sua straordinaria vita che dura da oltre un secolo!

Le molteplici vicende familiari e lavorative che hanno contrassegnato la sua vita hanno, a nostro avviso, anche un risvolto storico eccezionale di rilevanza nazionale, infatti riteniamo che Tommaso sia tra gli ultimi, se non l’ultimo, sopravvissuti degli oltre 650.000 militari Italiani catturati dai tedeschi e internati nei lager nazisti dopo l’8 settembre del 1943.
L’incontro nella sua casa è stato particolarmente emozionante e rappresenta la degna conclusione delle ricerche che in questi anni abbiamo condotto nella ricostruzione di una pagina storica per troppo tempo sottaciuta anche nella nostra città, le drammatiche vicissitudini dei militari che durante la seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio, preferirono la dura prigionia nazista piuttosto che aderire alla Repubblica di Salò e che coinvolse 237 ceccanesi, come abbiamo raccontato in tante iniziative pubbliche, e 13 di essi perirono dietro i reticolati dei campi di concentramento.

Tommaso Pizzuti, come tanti giovani di Ceccano, allo scoppio della Seconda guerra mondiale fu richiamato sotto le armi e arruolato in un prestigioso reparto dell’Esercito Italiano di stanza a Catania, il 24° reggimento di Artiglieria della Divisione “Piemonte”, e già il nome del reparto illumina il suo viso:” Noi avevamo i cavalli e non ci spostavamo a piedi!”. All’inizio delle ostilità belliche la divisione viene inviata in Albania e dopo alterne vicende i reparti rimasero dislocati nei territori di occupazione nel Peloponneso in Grecia, dove venne incaricata della difesa delle sue coste schierando le proprie unità a sbarramento del canale di Corinto e organizzando una serie di presidi intorno a Patrasso e nell’isola di Zante. La Divisione si sciolse definitivamente l’11 settembre, in conseguenza dei fatti che determinarono l’armistizio, e purtroppo per Tommaso, come per il suo compaesano Agostino Ciotoli, anch’egli arruolato nella stessa unità si aprì la drammatica prigionia in Germania che durerà fino al 1945.

Per comprendere meglio la vicende legate alla sua prigionia ci siamo basati sulla scheda dell’archivio LeBI (consultabile in rete sul sito Lessico Biografico IMI a cura dell’associazione nazionale reduci dalla prigionia in collaborazione con l’ambasciata della Germania a Roma). Tommaso risulta internato nello Stalag VI A (Campo di concentramento) ubicato nella città di Hemer, nella Ruhr, a pochi chilometri da Dortmund. Alla parola “Hemer” gli occhi di Tommaso hanno uno scatto e la ripete alcune volte:” ci portavano anche in altri posti distanti sempre a piedi per lavorare in fabbrica o in fattorie, e una volta che rientrammo al campo in ritardo fui obbligato per punizione a restare all’addiaccio con i piedi immersi nell’acqua per tutta la notte!”
Come sono state importanti, a proposito della storia dello Stalag V A le informazioni e le foto pubblicate sul sito “IMI-Internati Militari Italiani” consultabile su Facebook. In particolare c’è stata di aiuto la testimonianza di Evelyn Vigato, nipote di un internato Italiano, che il 15 ottobre del 2021 ha visitato i luoghi dove si svolse la prigionia di Tommaso e di tanti altri militari italiani”. Oggi nella cittadina tedesca dove era ubicato il campo rimane la piazza pavimentata dove i prigionieri venivano radunati e fatti marciare. Le due casette frontali, oggi centro di informazioni, una volta erano sezioni di controllo all’ingresso del campo, dove si arrivava direttamente con il treno. C’erano sbarre tra l’una e l’altra. A destra al posto di tende e baracche si trova una collina residenziale. Qui riposavano gli internati, che poi, di giorno, si recavano presso le miniere e le fabbriche della Ruhr. Alcuni nelle fattorie dei paesi limitrofi. Russi e poi Italiani, i “traditori”, a loro spettava la sorte più amara. Al campo però c’erano anche polacchi, marocchini, indonesiani etc. Per i francesi la prigionia era meno dura. Nelle foto esposte nel museo c’è anche la razione del giorno, 250 grammi di pane nero e una piccola scodella di zuppa di rape e bucce di patata. 12 ore di lavoro al giorno più le ore di cammino. Letti a castello di legno e tende per la notte, tutti stipati l’uno accanto all’altro. Alcuni arrivarono a bere olio per sete e per cercare di porre fine alla sofferenza. Tanta era la disperazione. Dal 4 aprile del 1945 le truppe americane iniziarono ad accerchiare il campo per poi liberarlo progressivamente”.

A proposito della fame, sempre presente tra i prigionieri costretti a lavori estenuanti e marce forzate, lo stesso Tommaso ci racconta di come, durante i tragitti, cercavano di sfamarsi raccogliendo barbabietole e verdure varie mangiandole crude, per cercare di placare i morsi della fame ed in particolare ricorda un episodio: durante uno dei tanti spostamenti, la colonna dei prigionieri incrociò la carcassa di un gatto morto che veniva scansato a calci da chi lo precedeva. Tommaso, superando il disgusto, lo raccolse e lo infilò nella sua bisaccia, e dopo averlo scuoiato e bollito ne trasse un piccolo ristoro a dispetto dei suoi compagni che lo avevano evitato per un naturale ribrezzo! Dell’esperienza militare in guerra, la mente di Tommaso non conserva soltanto episodi dolorosi della prigionia, ma anche piacevoli come l’incontro con una ragazza siciliana di cui si era invaghito prima dell’invio al fronte albanese, o l’orgoglio di montare a cavallo come artigliere o ancora del commilitone del suo stesso paese.
In conclusione del bellissimo incontro di cui siamo stati testimoni, resta la consapevolezza di una straordinaria storia che merita il massimo risalto, anche attraverso l’attivazione, da subito, anche con il supporto dell’Amministrazione comunale e della Prefettura di Frosinone, delle procedure burocratiche previste dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il conferimento della medaglia d’onore agli Internati militari italiani, sarebbe un evento eccezionale nella storia della nostra città poter far avere il riconoscimento a Tommaso come ultimo sopravvissuto di quella dolorosa e drammatica pagina di storia Italiana
Luigi Compagnoni