L’iniziativa con l’artista iraniano Reza Olia a pochi giorni dall’omaggio al martire del lavoro Luigi Cerroni
Il prossimo 14 gennaio, alle 17 (presso il bar pasticceria Zambardino) a Ceccano, il filosofo, poeta e scrittore Filippo Cannizzo, insieme alla CGIL, promuoverà un’iniziativa sulla questione dell’Iran, particolarmente sentita in tutto il mondo per le recenti azioni compiute contro i diritti delle donne. Ospite dell’iniziativa sarà l’artista Reza Olia – membro del consiglio della resistenza iraniana, da decenni impegnato per i diritti delle donne in Iran e autore della statua dedicata al pendolare nel giardino della stazione ferroviaria di Ceccano -. Sarà un’occasione per affrontare uno dei temi più caldi e di forte attualità e non è un caso che spunti a poche settimane da un’altra iniziativa che si è svolta sempre a Ceccano per porre l’attenzione su un altro diritto, quello al lavoro.
IL LAVORO
Nuovi dibattiti, discussioni che si trasformano e la comunicazione che sperimenta strumenti innovativi, ma i temi di cui si occupa la politica restano quelli di sempre. Come il lavoro. Anzi, prima di ogni altro il lavoro. Chi lo ha fatto? Chi ha pensato di rimettere sul tavolo quella delicata questione che soprattutto una certa parte di politica sembrava aver dimenticato? Ci ha pensato Ceccano, la città-laboratorio, la più incandescente quando la discussione mette a confronto generazioni di militanti politici, quella dove, dopo anni di dominio declinato solo a sinistra, una mattina la maggioranza della popolazione si è svegliata con lo sguardo a destra, scrivendo una pagina di storia che ancora una volta ha anticipato i tempi del traguardo che l’Italia intera ha visto tagliato solo lo scorso autunno con l’elezione della prima Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Di lavoro, dicevamo, è tornato a parlare in una Ceccano profondamente diversa da quando c’era lui seduto sulla poltrona di sindaco, Maurizio Cerroni. L’occasione è stata l’iniziativa promossa dalla Cgil provinciale nella sede di Ceccano, dove il 21 dicembre 2022 è stata scoperta una targa intitolata al padre di Maurizio Cerroni, Luigi Cerroni, martire del lavoro. Come ricordato in apertura dell’evento l’8 maggio del 1972, durante la posa di un cavo elettrico, Luigi Cerroni cadde da un balcone. Trasportato all’ospedale di Frosinone, le sue condizioni apparvero subito gravi e a causa del profondo trauma cranico riportato venne trasferito presso l’ospedale Gemelli di Roma, dove morì l’11 maggio, a soli 50 anni. A 100 anni dalla nascita di Luigi Cerroni è arrivato l’omaggio della Cgil provinciale nel corso di una iniziativa promossa da Guido Tomassi (segretario Lega SPI CGIL), Beatrice Moretti (segretario generale SPI CGIL) e Giovanni Gioia (segretario generale CGIL Frosinone-Latina). Insieme ai loro interventi pronunciati con parole di partecipazione alla difesa del lavoro particolarmente applaudito è stato il lungo intervento (versione integrale sul portale http://www.loffredi.it) dell’ex sindaco Angelino Loffredi, negli anni di quei fatti, segretario della sezione PCI di Ceccano (e solo più avanti sindaco della città fabraterna).
RICORDARE
“Nella mia attività lavorativa – ha ricordato ai tanti presenti Maurizio Cerroni – e anche come amministratore pubblico, al consiglio Provinciale e nelle diverse istituzioni elettive, ho cercato sempre di sensibilizzare e promuovere, con la mia associazione AMNIL, iniziative mirate alla formazione e alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. I morti sul lavoro, dei veri martiri, vanno ricordati, onorati e va portato rispetto verso tutte le famiglie colpite nel corso dei decenni da una tanto grave forma di lutto. Alcuni anni fa, nel 1996, questi motivi portarono l’amministrazione comunale di Ceccano (nel periodo nel quale ero sindaco), a realizzare un monumento dedicato a tutti i martiri del lavoro. Il monumento fu inaugurato alla presenza di tante autorità, ma il mio ricordo va alle centinaia di persone che parteciparono. Qualche anno dopo, nel dicembre del 2007, l’allora sindaco Antonio Ciotoli pose una lapide di marmo con i nomi dei caduti.
Ancora è vivissimo in me quel ricordo. Conservo gelosamente la medaglia, importante riconoscimento in memoria dei caduti sul lavoro, e la pergamena che venne consegnata nelle mani di mia madre, così come alle altre vedove e agli orfani dei caduti sul lavoro. Davvero tante sono state le iniziative a cui si è dato vita su questo tema, a partire da quelle promosse dal già sindaco di Ceccano Angelino Loffredi, con la posa dei garofani rossi sotto la stele di marmo nella ricorrenza del 1 maggio. Però, andrebbe ricordato a tutti che la Giornata Nazionale vittime sul lavoro va celebrata, ricordata civilmente da parte dei Comuni, Province, Regioni, nella data del 9 ottobre. Purtroppo, in molti casi non si ricorda il necessario rispetto che meritano tutte le vittime del lavoro. Non ricordare è una grave colpa, visto che il fenomeno è ancora dolorosamente presente e le morti sul lavoro sono costantemente in crescita. Il sindacato e le istituzioni devono combattere, impegnarsi, denunciare, investire sui controlli, obbligando le imprese ad investire sulla sicurezza e la salute delle persone sul lavoro”.

Nell’iniziativa della Cgil provinciale a Ceccano, però, Cerroni ha colto molto: “Intanto a nome della mia famiglia, e insieme alle mie sorelle Pina e Rosa, voglio rivolgere un ringraziamento di vero cuore alla Cgil provinciale di Frosinone per l’iniziativa promossa in ricordo di nostro padre. In questi lunghi anni ho avuto la possibilità di incontrare tante persone, compagni di lavoro che avevano conosciuto mio padre, e da tutti ho avuto il riscontro che era un gran lavoratore e una persona buona. Questo è un ricordo che noi, figli e parenti, preserviamo. Nostro padre è stata una persona buona e rispettata. Mio padre, nato in una famiglia di 4 fratelli e 3 sorelle, in una famiglia contadina, figlio di Giuseppe e Angela Loffredi ha poi sposato mia madre, Masi Teresa, ed è stato padre di tre figli, Giuseppina, Maurizio e Rosa. Mio padre, come gli altri fratelli, ha avuto la forza di cambiare. Prima di tutto la loro condizione. E Roma è stata una grande occasione. Certo era duro fare il pendolare, ma lì c’era lavoro. E questa è la storia comune di migliaia di ceccanesi, il fenomeno del pendolarismo, verso la capitale.
Iniziò a lavorare con l’impresa elettrica SCAC che operava tra il Molise e l’Abruzzo subito dopo la guerra, occupandosi della costruzione di linee elettriche palificazione, elettrodotti. Insomma, lui e i suoi colleghi erano uomini che lavorano a decine metri di altezza dal terreno, andando in alto con grandi staffe ai piedi, come angeli, buttando le spalle nel vuoto e alzano le mani in cielo. Un lavoro speciale. Ancora oggi se penso a mio padre continuo a vedere così, in alto su i grandi tralicci, spalle nel vuoto e mani verso il cielo; lì da solo, lo immagino felice e sereno, libero. In seguito venne assunto dalla S. R. E. L. Società Romana Elettrica Lazio. Nel corso della sua vita ha partecipato a tanti scioperi per la Nazionalizzazione Elettrica. Finalmente, nel 1963 nacque Enel. Nello stesso anno venne assunto in questa neonata azienda statale Enel. Pendolare per quasi tutta la vita nella città di Roma. Lui, vissuto in una famiglia contadina socialista e antifascista, esternava liberamente le sue idee e quando serviva sottolineava il fatto che lui votava per il Partito Comunista Italiano, manifestando orgogliosamente la sua iscrizione e adesione al sindacato Cgil. Molti ricordi mi tornano alla mente dai suoi racconti di lotte, di scioperi, di fatica, di lavoro e nuove conquiste. Ancora, parlava spesso di sindacato e di quei sindacalisti che arrivano sul posto di lavoro nella pausa pranzo e condividevano “pane e companatico”, in particolare modo ricordava di quel sindacalista comunista, detto ‘il rosso’ per il colore dei suoi capelli: Paolo Ciofi. Quindi, mio padre fu trasferito a Frosinone nel 1971 presso Enel Zona di Frosinone”. L’8 maggio del 1972, come detto, la tragedia. “E’ vivo in me un ricordo indelebile, quello dei suoi funerali nella Chiesa di Santa Maria a Fiume, con la bara uscita dalla chiesa e portata in spalla dai tanti colleghi di lavoro, con il corteo funebre che attraversò tutta la città di Ceccano sino al cimitero. La storia di mio padre è la storia di tanti operai che alzavano la mattina per andare a lavoro e non hanno fatto più ritorno. Se un giorno, in qualsiasi luogo, qualcuno si ricorda di ‘loro’ è una cosa buona e giusta. Ricordare i martiri del lavoro è anche un monito verso tutti, perché non si può morire di lavoro.
C’è una poesia bella e struggente di Pablo Neruda che mi torna spesso alla mente:
<<Il Padre….
la mia vita sotto il sole trema e si allunga….
Padre, i tuoi dolci occhi non possono nulla,
come nulla poterono le stelle.
Padre
Ascolterò nella notte le tue parole! >>
SCEGLIERE
Nell’intervento dell’altro ex sindaco, Angelino Loffredi, presente alla cerimonia della CGIL, la scelta di campo che solo la politica può intraprendere:
<<Oggi ci vediamo per ricordare un nostro concittadino, Luigi Cerroni, morto sul lavoro e tanti altri che continuano a perdere la vita per lo stesso motivo con un ritmo di tre al giorno: mancanza di prevenzione e di controllo sui posti di lavoro. (…)
Era il lunedì delle elezioni politiche del 1972, in quel periodo ero segretario della sezione comunista di Ceccano, pertanto ero impegnato e completamente assorbito a seguire lo svolgimento delle stesse nella mattinata ed a raccogliere i risultati elettorali nel pomeriggio e nella sera”.
Sì, il 1972, anno dell’arrivo a Frosinone di Enrico Berlinguer, anno di quel mitico ed indimenticabile 1° maggio in cui un lungo corteo di macchine e motociclette partite da Ceccano, dopo un lungo giro nella Valle dell’Amaseno lo accompagnò dalla Palombara fin sulla Piazza del comune di Frosinone, ove tenne il più partecipato comizio dell’epoca repubblicana. Quello è anche il giorno in cui conobbi Maurizio in sella alla sua fiammante motocicletta.

In una nota che ho letto in questi giorni, riportata su uno dei mie quaderni, che insieme ai tanti manoscritti di comizi e interventi pronunciati negli ultimi 50 anni, gelosamente conservo, ho trovato questo appunto; si tratta di poche righe ma significative. “Alle elezione del 1972 la sezione dove il PCI ha avuto più voti è la settima, quella delle Celleta, il 61%, proprio la sezione dove aveva votato Luigi. Fra i tanti sicuramente c’era anche il suo”.
Alla domanda: dove eri il giorno del funerale di Luigi Cerroni quando venne portato a spalla dai suoi colleghi di lavoro dalla chiesa di Santa Maria a Fiume, attraversando tutto il paese, fino al Cimitero? Posso rispondere: in piazza, occasionalmente. Furono Pasquale Micheli, un compagno tuttora vivente e Francesco Del Brocco, successivamente consigliere comunale, a raccontarmi dell’accaduto”.
Ricordo che in quel momento collegai Luigi Cerroni ad un mio parente, Luigi Loffredi, operaio dell’Enel, scomparso un anno prima, anch’egli vittima di un incidente sul lavoro e che aveva terminato i suoi giorni su una sedia a rotelle. Era un collegamento legato solamente dalla commiserazione e dalla pietà. Autocriticamente, confesso, a tanti anni di distanza, non pensai alla necessità che si dovesse aprire una lotta contro gli omicidi sul lavoro. Noi comunisti a Ceccano eravamo concentrati e continuamente impegnati per assicurare i servizi civili nelle campagne: strade bitumate, potenziamento dell’energia elettrica, estensione del servizio idrico ecc. ecc, inoltre a portare il sindacato nelle fabbriche, a batterci per l’occupazione e per dare sostegno al popolo vietnamita. Non avevamo messo al centro una iniziativa contro gli incidenti nei posti di lavoro. Tale tema è diventato importante solo negli anni successivi.
Luigi Cerroni, scomparso a soli 50 anni ricordo che aveva lavorato con l’impresa SCAC sin dal dopoguerra, un’impresa addetta alla palificazione degli elettrodotti. Successivamente aveva lavorato per la Romana elettricità e partecipato agli scioperi per la nazionalizzazione dell’energia elettrica. Dopo il 1963 divenne dipendente dell’Enel. Era iscritto alla CGIl ed orgogliosamente affermava di votare per il PCI. Fino al 1971 Luigi ha fatto il pendolare. Solo da questo periodo incomincia a lavorare a Frosinone. Possiamo affermare senza sbagliare che aveva fatto una vita da pendolare>>.
PENDOLARI DEL LAVORO
<<A Ceccano – continua Loffredi – sappiamo che parlare dei pendolari vuol dire proporre non una storia ma tante storie, aspramente vissute, ricche e partecipate. Non dimentichiamo che nei giardini della stazione ferroviaria esiste addirittura il Monumento al Pendolare, realizzato dall’artista iraniano, Reza Olia, durante il periodo in cui Cerroni era sindaco. Per tutti gli anni sessanta e anche successivamente a Ceccano ogni giorno oltre mille operai partivano per andare a lavorare a Colleferro, Castellaccio e Roma. Raggiungevano la stazione ferroviaria a piedi o in bicicletta, con la pioggia, con il vento, con la neve. Viaggiavano su treni scomodi di legno, mossi a carbone, freddi d’inverno e torridi di estate. Più di qualche volta in risposta ai disagi subiti, ad un segnale convenuto i pendolari bloccavano il treno, aspettavano la polizia e l’arrivo dei giornalisti, spiegavano i motivi della fermata, poi nel momento in cui capivano che la notizia il giorno dopo sarebbe stata messa in circolazione, ottenendo così un clamore nazionale, ritornavano sui vagoni tranquilli e composti.
I pendolari hanno rappresentano il popolo in lotta, sono occupati prevalentemente nell’edilizia. Quando i metalmeccanici nazionalmente sono in crisi e per tanto tempo pagano la sconfitta avvenuta alla Fiat nel 1955, sono gli edili, quindi i pendolari ceccanesi, a scontrarsi con la polizia a Piazza Colonna, a battersi e conquistare il miglior contratto di lavoro, quello che eliminava il cottimo ed elevava la remunerazione salariale..
Sono i pendolari che durante lo sciopero del 1962 – quando Luigi Mastrogiacomo venne ucciso -, durante il mese di maggio si fermano tutte le sere avanti i cancelli della fabbrica a solidarizzare con gli operai del saponificio Annunziata in lotta, portando loro denaro per proseguire lo sciopero. Sono i pendolari quindi la forza politica più consapevole ed avanzata, quella che nei cantieri ascolta e discute con i sindacalisti.
Sono i pendolari che acquistano prima del ritorno a casa il giornale Paese Sera e, sempre sul treno, ne commentano le notizie, trasformando il viaggio in un seminario di apprendimento e di lotta politica. Sì, Luigi faceva parte di questo esercito, di tale avanguardia. Costoro conoscono cosa sia il conflitto, senza averlo studiato nelle Università, sanno che ogni obiettivo non si conquista senza lotta e senza unità. Senza questo esteso, consapevole strato sociale, caro Maurizio noi non avremmo avuto i nostri successi elettorali, non ci sarebbe stato un partito comunista che arrivò ad ottenere a Ceccano il 48% di voti. Quando andavamo nelle contrade a discutere ad organizzare le piattaforme di lotta chi partecipava già sapeva che non esisteva conquista senza lotta e senza unità. Sapeva che, come si dice adesso, doveva metterci la faccia. Era la strada che ci era stata spianata dall’esperienza politica e sindacale dei pendolari.
In questi giorni, pensando a Luigi Cerroni ho avuto un grande tarlo fra miei pensieri, più volte mi sono chiesto: possibile che un uomo che afferma di essere comunista che, come mi raccontava mio padre, fu in grado di contestare Checco Battista durante la campagna elettorale della primavera del 1956, lo stesso giorno della festa di battesimo del figlio Maurizio, possibile mi sono lungamente chiesto che questo uomo non sia mai stato iscritto al PCI?
E’ anche vero che la differenza fra iscritti e voti è stata sempre sproporzionata. Tantissimi voti ma pochi iscritti. Nel 1976, per esempio 4.000 voti ma solo 600 iscritti. Comunque mi son messo a trovare nei vecchi registri degli iscritti. Dagli anni 50 andando all’indietro fino all’immediato dopoguerra. Per qualche giorno non ho trovato niente di niente fino a quando , quasi sfiduciato, sono arrivato al Registro del 1944. Su questo ho trovato iscritto, con tanta trepidazione, Luigi Cerroni, bracciante, di Giuseppe,residente in Celleta, numero 10. Risulta essere uno dei primi iscritti: il 2 agosto del 1944.
Quando a Ceccano erano stati abbattuti i ponti sul Sacco e sulla ferrovia e non esistevano collegamenti fra le due realtà cittadine, quando proprio qui attorno, presso la Piazza, San Nicola, San Pietro e Borgo Pisciarello esisteva distruzione, si avvertiva sofferenza e miseria un nucleo di comunisti si univa, si organizzava e provava generosamente di rispondere alle esigenze della città. Quando un giorno chiesi a mio padre perché in quell’estate del quarantaquattro si iscrisse al partito comunista mi rispose “perché se i comunisti avevano vinto in Russia si poteva vincere anche in Italia”. Era la speranza di un radicale cambiamento che muoveva le coscienze e l’agire degli uomini. Tanti anni più tardi Berlinguer interpretando quelle eccezionali speranze la definì come la spinta propulsiva nata dalla Rivoluzione d’Ottobre. E di questa esperienza, pur esaminando e rilevando qualche errore che nel corso degli anni possa esserci stato, ne dovremo essere sempre orgogliosi e portatori.
Mi sento di terminare questo intervento con una necessaria considerazione: se i partiti per tanti anni hanno saputo ben rappresentare il lavoro realizzando una Costituzione che sin dall’articolo uno faceva riferimento al lavoro stesso; se hanno costruito uno stato sociale e nel 1978 una riforma sanitaria la migliore del mondo e se oggi purtroppo sono divisi e ancor più sono scalabili, corruttibili, fortemente condizionati da forze economiche predatorie l’unica forza d’opposizione rimane il sindacato. Prima fra tutte la CGIL, organizzazione che ancor oggi a Ceccano ed in Italia dimostra di stare dalla parte dei lavoratori. Teniamone conto>>.
Ceccano è questo – e molto, tanto, tanto di più – e se nei giorni scorsi qualcuno abbia scelto di tornare a mettere una lente d’ingrandimento sulla “questione lavoro” non è certo un fatto isolato. Merita di essere guardato come un segno del movimento politico che la città non ha mai smesso di alimentare. Qualcuno obietterà che se ne parla sempre nelle stesse stanze, sempre tra gli stessi, sempre nelle stesse modalità. Eppure è lì, in quella dimensione, seppur ormai logora e ridotta a brandelli, che riprende il dibattito sospeso e dove anche le giovani generazioni di politici possono provare a guardare, per scegliere di prenderne le distanze, o di farne un riferimento. Perché, forse, una giusta sintesi è quella citazione pronunciata nella giornata dedicata al martire del lavoro Luigi Cerroni dal figlio Maurizio: <<Recita una canzone di De Gregori: Noi siamo quelli che restano in piedi e barcollano su tacchi che ballano>>.