Siamo il distretto del rifiuto?

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È di questi giorni la discussione sulla possibilità di veder nascere un biodigestore, impianto di lavorazione di rifiuti raccolti da ambienti domestici, nella zona industriale tra Frosinone e Ceccano. Le posizioni di associazioni, mediche e ambientaliste, sono tanto agguerrite quanto distanti e abbiamo capito che sull’argomento non esiste, e non esisterà, una linea comune. Da un lato i medici che vedono la nuova impiantistica come il fumo agli occhi perché inserito in un territorio che, e su questo non crediamo ci siano dubbi, già soffre e combatte per livelli di inquinamento tra i più alti in Italia, dall’altro gli ambientalisti proiettati in un futuro roseo che di impianti per il trattamento di rifiuti come quello ne include molti altri e diversificati.

Sono un’ambientalista convinta e lo sarò sempre perché nell’inquinata Valle del Sacco sono nata e vivo. Sono un’ambientalista convinta perché  gli ultimi venti anni della Valle del Sacco li ho osservati e raccontati da giornalista. Da una città, Ceccano, che gareggia con Frosinone solo per i livelli stratosferici di inquinamento.

Il dibattito che si vuole animare è vecchio e certamente poco utile. Hanno già deciso. Ma non ce lo dicono. Come non ci hanno detto di aver sancito la vocazione della provincia di Frosinone a terra dei rifiuti. Siamo noi gli abitanti del Centro Italia scelti dalle direttive governative per iniziare a definire i programmi di sviluppo da qui ai prossimi decenni. Siamo noi quelli scelti per trasformarci in distretto del rifiuto. Siamo noi quelli che dopo la desertificazione industriale dell’ex Cassa del Mezzogiorno oggi siamo chiamati a vedercela da soli con un bel pacchetto di SIN (i famigerati siti di interesse nazionale), aree che riescono a produrre solo decreti di interdizione per ogni genere di attività e che nell’ultimo ventennio ci hanno indicato con l’evidenziatore come territorio depresso e abbandonato. Con buona pace dei milioni di euro stanziati a più riprese nelle fasi di emergenza ma mai arrivati per trasformare in fatti quanto scritto nero su bianco. La prima emergenza della Valle del Sacco ha mandato in fumo 11 milioni di euro con un unico risultato: zero interventi e addirittura perimetri da ridefinire (con la nuova CARATTERIZZAZIONE).

Ora, di fronte ad uno scenario così devastante, davvero questa popolazione dovrebbe credere che un impianto biodigestore (insieme a quanti altri?) sarebbe il primo passo verso un futuro migliore? Chi ce lo assicura? Quali garanzie si offrono ai cittadini? Perché questi cittadini dovrebbero fidarsi? Quali sarebbero gli organi deputati a controlli e verifiche periodiche di certificazioni e autorizzazioni?

Il dibattito sembra essere solo un vecchio trucco, quello del volerla buttare nel caos quando in pochi hanno già deciso sulle nostre teste. Ogni discussione può considerarsi utile quando gli attori che la animano si misurano sullo stesso piano. Mettere medici contro ambientalisti è solo un modo per lasciarci l’illusione che ci siano margini per decidere. Ma così non è visto che da un lato ci sono i numeri delle patologie che la popolazione sta affrontando in questo territorio devastato da anni di inquinamento delle acque, dei terreni e dell’aria – dati concreti che ogni famiglia, purtroppo, può verificare sulla pelle – e dall’altro le speranzose proiezioni degli ambientalisti che dalla loro tirano in ballo le realtà che in altre parti d’Italia raccontano di paradisi ecologici nati intorno ad impianti come quello che si vuole da noi. Ma le altre zone d’Italia, signori, non sono la valle del Sacco. Non esiste un’altra Valle del Sacco in Italia. È il contesto che fa la differenza.

Sono tanti i quesiti che restano senza risposta e che scattano la fotografia di una terra in sofferenza.

Perché nella nostra provincia ci sono sindaci che non riescono ad esercitare il loro ruolo di tutori della salute pubblica e non vengono ascoltati quando rifiutano di sottostare ai ricatti occupazionali che per decenni ci hanno portato a questa situazione?

Perché le associazioni ambientaliste non sono scese in campo quando quei sindaci li hanno chiamati in aiuto per opporsi all’ennesimo insediamento per il trattamento di rifiuti sul territorio?

Perché di fronte all’assenza del Registro dei Tumori (altro record per la nostra provincia: a Latina esiste da oltre 20 anni) che metterebbe in luce la verità sulla diffusione delle malattie, le associazioni ambientaliste restano in silenzio?

Perché il biodigestore risulta essere l’unica alternativa possibile per il nostro distretto? Perché non si parla mai di altro? Possibile che accanto ai distretti chimico e farmaceutico rimasti nella nostra provincia non si possa parlare di poli per la formazione, di trasformazione e recupero delle aree industriali che non guardino esclusivamente al settore dei rifiuti?

Una battaglia appena all’inizio

Il primo pezzo di un nuovo blog dovrebbe essere illustrativo: presentare il progetto e indicarne ai lettori le linee guida. Questo non sarà quel tipo di blog. Uno Spazio Libero è qualcosa che non è stato occupato, che è vuoto, che si può e, in questo caso, si deve riempire. Per questo parleremo di tante cose, con voci diverse, eterogenee, spesso magari anche in contrasto tra di loro.

Una linea però sarà la stessa per tutti: la libertà di scrivere di tutto senza condizionamenti. Non sarà un blog generalista né localista, parleremo delle cose che ci stanno a cuore, partendo dal posto in cui viviamo.

Uno dei grandi temi di questa epoca è la lotta, sempre più difficile e disperata, per la difesa dell’ambiente. Tanti anni fa, quando chi scrive era in prima linea, difendere certi argomenti era considerato di nicchia, venivamo definiti quelli del no a prescindere, che non volevano lo sviluppo, il progresso, il lavoro. Oggi molti, inclusi coloro che ci deridevano, sono tornati sui loro passi, e parlare di ambiente è diventato comune anche a latitudini politiche distanti anni luce fino a poco tempo fa.

La battaglia per la difesa del nostro territorio parte quindi da lontano, ma è come se fosse all’inizio, perché la situazione è precipitata a velocità insostenibile. Guardandoci intorno: è sotto attacco l’aria (pm10, emissioni nocive, puzza); è sotto attacco l’acqua (mercurio, arsenico, piombo, scarichi illeciti, percolato, tensioattivi…); è sotto attacco la terra (contaminazioni da esaclorocicloesano e altre sostanze, rifiuti e sostanze tossiche interrate nel sottosuolo, pozzi e falde acquifere contaminate, discariche e depositi di amianto abbandonati).

I cittadini, da soli, non possono farcela. Gli amministratori locali (che sono comunque molto pigri nel cercare soluzioni valide), da soli, non possono farcela. Non possono farcela gli enti sovra comunali (Provincia, ormai svuotata, anche se rilascia, e a volte non rilascia, le famose AIA; Regione, che ascolta solo a targhe alterne e dovrebbe fare molto di più), da soli, non possono farcela. Nessuno vincerà questa battaglia da solo. Sarà necessaria un’unità di intenti come mai si è vista in passato.

Se questa terra vuole avere un futuro, se vogliamo lasciare ai nostri figli un luogo decente in cui vivere, ci dobbiamo tutti svegliare dal sonno, altrimenti sarà troppo tardi.

Questo blog non punta a risolvere il problema, punta però a raccontarlo senza filtri o interessi di parte. Punta a sostenere le azioni che possono cambiare davvero le cose. Punta a scuotere le persone.

Punta a fare, semplicemente, informazione.