Non solo il monumento ai Caduti di tutte le guerre in piazza 25 Luglio evoca con la sua solennità la memoria del passato, Ceccano può riscoprire la propria identità civile attraverso quattro opere pubbliche di scultura realizzate fra il 1996 e il 2005: monumenti che parlano di lavoro, pendolarismo, lotte operaie e storia militare. La ricerca “I Monumenti Parlano” ricompone, per la prima volta in modo unitario, origini, autori, materiali e significati di queste opere, proponendo un programma concreto di valorizzazione: targhe esplicative, illuminazione, un itinerario urbano accessibile, attività didattiche e una piattaforma digitale aperta alla comunità.
Perché questa ricerca
Tra il 1996 e il 2005, sotto la guida del Sindaco Maurizio Cerroni e, successivamente, di Antonio Ciotoli, l’Amministrazione comunale affidò a scultori di diversa provenienza — da voci locali ad artisti affermati a livello internazionale — il compito di incidere nello spazio pubblico temi universali che hanno segnato la memoria collettiva. Oggi molte di quelle opere scorrono anonime sullo sfondo urbano, in alcuni casi di fronte ad arterie stradali a traffico veicolare intenso: pochi ne conoscono genesi e significati. Restituire loro contesto e visibilità significa restituire alla città un racconto corale, condiviso e didatticamente fertile.
I quattro monumenti in breve
Stele ai Caduti del Lavoro di Michele Thomas (1996, marmo di Ausonia): sicurezza e vite spezzate. Omaggia i 56 ceccanesi morti sul lavoro e richiama prevenzione e responsabilità collettiva. Collocata nell’aiuola di Piazzale Bachelet.
Mezzo Busto del Bersaglieredi Luigi Micheli (1999, bronzo): memoria militare e spazio civico. Trasforma un’area di passaggio in luogo identitario, tra storia nazionale e orgoglio locale. Posto nel giardino attrezzato situato all’incrocio tra via della Costituzione e via Madonna del Carmine.
Monumento a Luigi Mastrogiacomodi Antonio Greci (2001, peperino): lotte operaie e sindacali. Ricorda la tragica morte dell’operaio il 28 maggio 1962 presso la fabbrica “Annunziata”: forma sobria e rigorosa come monito civile.
Statua del Pendolaredi Reza Olia (2005, bronzo): pendolarismo e riscatto sociale. Figura in cammino che sublima la fatica quotidiana dei lavoratori diretti a Roma nel dopoguerra. Posizionata nel giardino antistante la stazione ferroviaria di Ceccano.
Proposta
Targhe in metallo formato A4 con dati essenziali (titolo, autore, anno, materiale, committenza) e un testo di 80–100 parole; QR code verso schede digitali con foto, biografie, documenti e testimonianze.
Illuminazione radente a luce calda, pulizia dell’intorno, recupero o installazione di piccole sedute; percorsi pedonali accessibili con eventuali tappeti tattili.
Itinerario urbano “I Monumenti che Parlano” (20–30 minuti a piedi), mappa e segnaletica unitaria, visite guidate, podcast e audio-racconti.
Didattica e comunità: laboratori con le scuole, archivio di memorie orali (ex pendolari, operai, familiari delle vittime), giornata cittadina dedicata al lavoro e alla sicurezza; valorizzazione dell’anniversario della morte di Luigi Mastrogiacomo.
Piattaforma digitale civica sul sito istituzionale con open data (autore, anno, materiali, coordinate GPS), galleria fotografica, calendario visite e contatti.
Risultati attesi
Maggiore fruizione culturale dello spazio pubblico.
Coinvolgimento delle scuole nei percorsi di educazione civica e storica.
Costituzione di un archivio di memorie orali legate al lavoro, al pendolarismo e alle lotte sociali.
Accessibilità potenziata (percorsi senza barriere e tappeti tattili dove necessari).
Trasparenza e riuso dei dati (schede open data scaricabili dal sito comunale).
Conclusioni
Le quattro opere costituiscono un unico racconto civico: non semplici arredi, ma pagine scolpite della memoria collettiva. La loro valorizzazione non si esaurisce in un atto celebrativo; è un investimento educativo, turistico e sociale che rimette i cittadini — soprattutto i più giovani — al centro della storia della città.
Chiediamo alla comunità — famiglie, scuole, associazioni, imprese — di adottare questi luoghi, contribuendo alla manutenzione diffusa e alla raccolta di testimonianze. Ai media locali chiediamo di accompagnare il percorso, dando voce a storie e persone. Un patrimonio riconosciuto, illuminato e raccontato diventa un patto di cittadinanza.
Questa ricerca restituisce unità e voce a opere che appartengono a tutti. È un invito a conoscere, rispettare e tramandare.
Origini storiche, ritrovamenti archeologici e proposte di valorizzazione museografica
di Luigi Compagnoni, Architetto
Questa ricerca nasce per riportare al centro dell’attenzione pubblica uno dei siti archeologici più significativi – e più dimenticati – della Valle Latina: la villa romana in località Le Cocce, a Ceccano. Scoperta alla fine dell’Ottocento e riemersa con chiarezza durante i lavori dell’Alta Velocità Roma –Napoli (1996–1998), la villa è oggi interrata e non fruibile, nonostante l’eccezionalità dei dati raccolti sul campo. L’indagine propone un quadro aggiornato e multidisciplinare che tiene insieme storia, topografia e tecniche edilizie con proposte di valorizzazione e fruizione culturale dell’area archeologica. Sono stati sviluppati e approfonditi tre ambiti principali di ricerca:
verifica critica delle fonti, dalle cronache di fine Ottocento all’ampia documentazione scientifica a seguito degli scavi TAV;
contestualizzazione storico-topografica entro l’ager di Fabrateria Vetus (Ceccano), lungo gli assi della via Latina e della Valle del Sacco;
proposta operativa per la tutela e la fruizione, con soluzioni museali e strumenti digitali innovativi ed immersivi per l’utente (HBIM/VR/AR).
Perché è importante
La tradizione locale attribuisce il complesso all’imperatore Antonino Pio:
Busto di Antonino Pio esposta al British Museum di Londra
un dato da maneggiare con prudenza a cui non è stato possibile dare certezza storica, ma coerente con la qualità delle strutture e con il ruolo del territorio in età imperiale. Gli scavi del periodo 1996–1998 a seguito delle indagini archeologiche resisi necessarie per la realizzazione del viadotto della ferrovia ad alta velocità, hanno restituito la planimetria estesa di una residenza extraurbana di grande pregio – almeno 7.500 m² messi in luce – con giardino porticato, ambienti di rappresentanza e un unicum nel panorama locale: due distinti complessi termali, serviti da sistemi di riscaldamento dell’acqua con ambienti destinati a ipocausto, vasche e praefurnia. Tra i pavimenti spicca un mosaico bicromo a tema marino (amorini su mostri marini), tipologia iconografica che conferma la destinazione d’uso degli ambienti.
Foto aerea della villa Romana riemersa dopo gli scavi effettuati nel 1996-1998
L’approvvigionamento idrico era garantito dalla sorgente del Morrecine e da un acquedotto ipogeo (tramite condutture interrate); le murature documentano fasi diverse di costruzione (opus latericium e listatum, tecniche edilizie romane), indizio di un’evoluzione lunga tra età repubblicana e tardo imperiale. L’ipotesi di una trasformazione in mansio (stazione di posta) lungo la via Latina nel III secolo spiega l’ampliamento dei servizi termali e la monumentalità degli accessi.
Che cosa non funziona oggi
Dopo gli scavi, l’area è stata ricoperta per motivi conservativi e non è fruibile; i reperti sono in deposito e il museo comunale previsto a Castel Sindici non è mai entrato in funzione. La mancanza di segnaletica, perimetrazione e un progetto unitario di valorizzazione ha consegnato il sito all’oblio, pur in presenza di un interesse scientifico solido e di materiali d’archivio di prim’ordine.
Che cosa propone la ricerca
Parco archeologico a fruizione controllata: riesposizione selettiva (aree chiave come il peristilio e mosaici), percorsi protetti, pannellistica bilingue e dispositivi per l’accessibilità universale.
Museo civico: allestimento modulare a Castel Sindici per i reperti della villa della Cardegna e del comprensorio, con sezioni didattiche e percorsi tattili.
Ricostruzione digitale: modello HBIM e ricostruzioni VR/AR per “rendere visibile l’invisibile” sia in loco sia online, sovrapponendo la ricostruzione virtuale alle strutture oggi interrate.
Rete territoriale: integrazione con il paesaggio culturale e storico del territorio (centro storico, parchi e percorsi naturalistici, Castello dei Conti ecc..), eventi tematici e programmi educativi con scuole, associazioni e università.
Castel SindiciCantine di Castel Sindici
Conclusioni: innovazione e sostenibilità
Il valore aggiunto non è solo nella sintesi dei dati storici e archeologici analizzati, ma nella messa a sistema di strumenti e attori: tutela archeologica, pianificazione urbanistica, mediazione culturale, innovazione digitale. La ricerca traduce la “grande villa nascosta” in un progetto concreto e sostenibile, in linea con le migliori pratiche italiane su siti analoghi, per trasformare un’eredità interrata in un volano di identità e sviluppo locale. La Villa della Cardegna è un bene di rango, ampiamente documentato e tecnicamente interpretabile, che attende solo di essere restituito alla collettività con metodi contemporanei. Questo lavoro offre il percorso: basi storiche verificate, lettura architettonica e un piano operativo che unisce parco, museo e digitale, chiamando istituzioni e cittadinanza a una responsabilità condivisa.
La Villa Romana della Cardegna a Ceccano emerge, alla luce di questa ricerca, come un sito di eccezionale rilievo storico-archeologico purtroppo non adeguatamente valorizzato.
Tuttavia, questa ricerca delinea una serie di azioni concrete e strategie che – se attuate – potrebbero invertire la rotta. La valorizzazione della Villa della Cardegna può e deve passare come detto in precedenza per un approccio multidisciplinare: urbanistico, pianificando il territorio in funzione della tutela dei siti presenti sul territorio comunale; tecnologico, sfruttando la realtà virtuale e gli strumenti digitali per rendere fruibile l’invisibile; sociale, coinvolgendo cittadini e associazioni in una gestione partecipata; economico-culturale, integrando l’offerta archeologica in un sistema turistico locale più ampio.
Il caso di Ceccano potrebbe diventare un modello virtuoso di recupero di identità territoriale: un comune industrializzato della Valle del Sacco che oggi attraversa un profondo ed inarrestabile declino economico che riscopre nel suo sottosuolo agrario le tracce di un passato glorioso e le utilizza per costruire un futuro sostenibile, a misura di comunità e aperto al mondo.
Nota: la ricerca è dedicata alla memoria degli archeologi Desideria Viola e Mauro Bombelli, prematuramente scomparsi, che attivamente lavorarono al sito e ai quali devo molte delle informazioni storiche e soprattutto idee e proposte per la musealizzazione dei reperti a Castel Sindici.
Fonti e Bibliografia:
Michelangelo Sindici, Ceccano, l’antica Fabrateria – Studi storici con documenti inediti, Roma, Tip. A. Befani, 1893, pp. 55-62.
U.S.A.A.F. (United States Army Air Force), foto aeree scattate durante la II Guerra mondiale sul territorio di Ceccano nel gennaio 1944.
Angelo Compagnoni, “Diventare un uomo” ,1982-Editrice Monteverde, pag. 32.
Giovanna Rita Bellini, Francesca Sposito, Pavimenti inediti dalla villa romana in località Cardegna (Ceccano, FR),in Atti del XVI Colloquio AISCOM (Associazione Italiana per lo Studio del Mosaico), 2011, pp. 571-582 .
Giovanna Rita Bellini, Simon Luca Trigona, Le terme della villa di Cardegna (Ceccano, FR), in Atti del Convegno “Sorgenti e Terme nella Valle del Sacco”, Soprintendenza Archeologica del Lazio, 2011 (abstract in scheda TESS online) pp. 304-313.
Piero Alviti (a cura di), Ceccano e il patrimonio archeologico abbandonato, articolo sul blog Pietroalviti.com, 29/07/2013 –Ceccano ,la pianta della villa romana di Cardegna,18/10/2016 –Ceccano, chi controlla i 30 mila reperti archeologici di Palazzo Antonelli,13 /07/2025.
Ricostruzione 3 D della villa romana della Cardegna
Un cimitero non è solo un’infrastruttura: è un archivio a cielo aperto della città, un luogo dove storia, urbanistica, arte e memoria collettiva si intrecciano. La ricerca che presentiamo ricostruisce, con rigore documentale e visione progettuale, la vicenda del vecchio cimitero di Ceccano dalle origini ottocentesche fino alla stagione degli ampliamenti degli anni Trenta del novecento, proponendo al tempo stesso un percorso di tutela e di valorizzazione concreta.
Perché questa ricerca
Negli ultimi decenni i cimiteri storici italiani sono tornati al centro dell’attenzione come beni culturali: spazi identitari da conoscere, proteggere e rendere fruibili. Il lavoro si colloca in questa prospettiva e si rivolge a cittadini, amministratori, scuole e studiosi con un duplice obiettivo:
ricostruire la storia insediativa e architettonica del cimitero, evidenziando scelte, idee e protagonisti;
tradurre la conoscenza in azione, con proposte operative per restituire dignità, leggibilità e funzioni pubbliche a un luogo che appartiene a tutti.
L’arco della storia (1868–1937)
La ricerca individua sei fasi storiche ben distinte, concentrandosi sulle prime quattro (1868–1937) e tralasciando, almeno per il momento, gli interventi di ampliamento moderni in parte ancora in corso.
1868–1899 – Nascita del cimitero extraurbano: un impianto a terrazze su quattro ripiani, muri di cinta e poderosi sostegni sul fronte a valle; il sito delle “Croci del Calvario” lega da subito l’area a un immaginario devozionale.
1902–1910 – Il piano lungimirante di Annibale Sprega: fognature per le acque meteoriche, consolidamento dei muri, ossario, nuovo ingresso monumentale, alloggio del custode. Un progetto organico (e anticipatore) che resta sulla carta per difficoltà amministrative e finanziarie.
1922–1924 – La “messa in sicurezza” di Francesco Amedeo Gonzales: ricostruzione dei tratti pericolanti dei muri di sostegno e migliorie interne (scale, muretti), interventi risolutivi per salvaguardare il nucleo antico.
1934–1937 – L’ampliamento razionale di Marino Marini: il viale d’accesso diventa asse scenografico e ordinatore, affiancato da un doppio filare di alberi; una scalinata monumentale conduce a un’esedra; l’insieme è organizzato in insulae inserite in una maglia di viali interni che si intersecano ortogonalmente. In questa stagione matura anche l’attuale volto del portale, con un possibile apporto di Giovanni Jacobucci (bozzetti e sensibilità scultorea), a testimonianza di un dialogo progettuale che arricchisce la fisionomia del complesso.
Un museo a cielo aperto
Epigrafi, simboli, cappelle ed edicole raccontano costumi, linguaggi e stili di più generazioni. Tra le sepolture compaiono figure che collegano Ceccano a vicende nazionali, accrescendo il valore civico del luogo. Il cimitero emerge così come bene pubblico da leggere e da insegnare: un “manuale” di storia locale che merita percorsi interpretativi, didattica e cura.
Tutela: dal riconoscimento alla gestione
La parte storica del cimitero possiede i requisiti per la verifica dell’interesse culturale (VIC) e l’eventuale vincolo da parte della Soprintendenza. L’avvio dell’iter – corredato da documentazione storica e fotografica – costituirebbe un primo, decisivo passo: tutela preventiva, qualità dei progetti, coerenza negli interventi. La protezione giuridica, tuttavia, è un punto di partenza: occorrono una strategia di gestione, risorse e partenariati (Comune, enti, scuole, associazioni).
Tre proposte immediate e sostenibili
La ricerca non si ferma alla diagnosi: traduce la storia in azioni concrete, a impatto visivo e civico.
Riqualificare il viale d’accesso Rimozione dell’asfalto e pavimentazione in pietra locale; doppio filare di essenze a crescita controllata; illuminazione con lampioni con un design sobrio che si integrino all’ambiente circostante; segnaletica discreta (anche con QR o altre tecnologie che integrano la realtà aumentata) per un “itinerario delle memorie”. Un intervento leggero che restituisce solennità e leggibilità all’asse principale, coerente con la visione di Sprega e Marini.
Connettere il cimitero al Parco naturalistico adiacente Uno‑due varchi pedonali tra il cimitero storico e il parco naturalistico realizzato nel passato dall’amministrazione comunale con fondi europei attraverso il recupero delle ex cave di via Morolense, rigenererebbero entrambi gli spazi: il cimitero si aprirebbe a un percorso di contemplazione nella natura; il parco tornerebbe vivo come “parco della memoria”, con potenziale didattico e sociale.
Restaurare l’emiciclo monumentale come Sacrario dei Caduti Restauro conservativo di scalinata ed esedra anni Trenta; apparati memoriali con i nomi dei caduti; accessibilità e illuminazione per cerimonie civili. L’emiciclo ritroverebbe la sua funzione simbolica e diventerebbe tappa culminante dei percorsi di visita.
Un progetto per la città
Questa ricerca propone un patto tra memoria e futuro: conoscere per tutelare, tutelare per rendere fruibile. Il vecchio cimitero può diventare Cimitero Monumentale Comunale: un luogo curato, leggibile, frequentato con rispetto; una risorsa culturale per scuole e famiglie; una scena dignitosa per le ricorrenze civili; un tassello qualificante delle politiche urbane.
Invito alla lettura (e all’azione)
Nel testo completo il lettore troverà cronologie, analisi dei progetti che è stato possibile visionare e consultare nell’archivio storico comunale, profili dei progettisti e indicazioni operative. È un invito a guardare oltre il cancello: a riconoscere nel cimitero un bene comune che ci racconta e ci unisce. Trasformare questa consapevolezza in scelte amministrative, progettuali ed educative è oggi un atto di responsabilità verso chi ci ha preceduti e verso le generazioni che verranno.
Felice Di Mario, ex custode del cimitero comunale;
Maurizio Lozzi, Pasqualino Colagiacomo e GianMarco De Angelis, Archivio Storico Comunale di Ceccano;
Giulia Aversa, elaborazione grafica per le proposte di valorizzazione;
Andrea Ciotoli, consulenza tecnica perle proposte di valorizzazione;
Francesco Maura per le riprese fotografiche.
Fonti d’archivio e bibliografia
Stefano Levati-Fuori le Mura, la genesi dei cimiteri extraurbani nell’Italia napoleonica (1806-1814). Ed. Viella ,2024
Archivio Storico del Comune di Ceccano (ASCC), Fondo Lavori Pubblici – Cimitero comunale. Lettera di incarico ad Annibale Sprega, 11 marzo 1903; Relazione tecnica di A. Sprega, 27 agosto 1904; Relazione tecnica di A. Sprega, 18 ottobre 1909; Relazione s.d. (ascrivibile al 1910) con pianta e prospetto del nuovo ingresso; Nota commissariale sulla somma urgenza, 13 settembre 1923; Elaborati progettuali e tavole di F. A. Gonzales, 1923‑1924; Verbale di collaudo del Regio Genio Civile di Frosinone sui lavori di consolidamento, 23 febbraio 1924; Progetti di ampliamento e sistemazione del cimitero, Ing. Marino Marini (tavole e planimetrie generali), 1934‑1937; Disegno a matita di ossario con timbro “Studio Arch. Giovanni Jacobucci” (s.d., ca 1937); Planimetria catastale, 1939.
U.S.A.A.F. (United States Army Air Force), foto aeree scattate durante la II Guerra mondiale sul territorio di Ceccano nel gennaio 1944.
Carlo Cristofanilli-Dizionario enciclopedico Ceccanese-Edito A.C. Ceccano 1992. Voci “Campusantu” e “Calvario”.
Sprega Annibale – attività a Roma nei primi del ’900 (per inquadramento biografico e professionale): cfr. E. C. Falqui, Modernizzare la capitale. Roma per parti, 1907‑1916, in Roma moderna e contemporanea.
Jacobucci, Giovanni (1895–1970) di GiannandreaJacobucci. Roma: Edizioni Kappa, 1996.
Territori, periodico dell’ordine degli Architetti della provincia di Frosinone settembre-dicembre 2009 anno XVI n° 21, dedicato alla figura dell’Arch. Giovanni Jacobucci.
D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio. In particolare: art. 10 (beni culturali) e art. 12 (verifica dell’interesse culturale).
Pietroalviti.com – «Il cimitero racconta» a cura dell’Architetto Vincenzo Angeletti
Oggi termina la straordinaria avventura di un uomo che, con la sua storia, ha rappresentato la testimonianza vivente di una triste pagina per la memoria della nostra città. Tommaso Pizzuti, classe 1918, è scomparso nella notte, ultimo sopravvissuto di una delle pagine più dolorose e tragiche del secolo scorso, la prigionia dei militari italiani nei lager nazisti.
Abbiamo raccontato la sua straordinaria storia con un’intervista già pubblicata nel maggio del 2024 (qui il link: https://www.facebook.com/groups/resistenzaimi/posts/10161462810279208/),e soprattutto con la partecipazione alla Giornata della Memoria del 27 gennaio scorso, quando, alla presenza del Prefetto della provincia di Frosinone e del Commissario Straordinario del Comune di Ceccano, gli fu conferita la Medaglia d’Onore prevista dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per i cittadini italiani, militari e civili, deportati e internati nei lager nazisti per essere destinati a svolgere lavoro coatto per l’economia di guerra tedesca.
Dopo l’armistizio del 1943, Tommaso era tra le centinaia di migliaia di connazionali disarmati dai tedeschi e posti di fronte a una tremenda scelta: continuare la guerra coi nazifascisti o essere deportati. Gran parte di loro, tra cui Tommaso, non aderì alla Repubblica di Salò e fu reclusa con lo status di “Internati militari italiani”, voluto da Hitler per sottrarli alla Convenzione di Ginevra e sfruttarli liberamente per i lavori forzati. Il rifiuto a aderire alla Repubblica di Salò viene ormai riconosciuto da tutti gli storici come atto fondante della Resistenza italiana al nazi-fascismo. I militari ceccanesi prigionieri nei lager nazisti, dislocati in Germania, Austria, Polonia e Cecoslovacchia, furono complessivamente 236, di questi, sette erano civili, compresa una donna, Antonietta Gallucci. Dei 236 I.M.I., soltanto uno di essi accettò le offerte di rimpatrio per chi avesse aderito ai proclami della nuova Repubblica fascista, mentre il rifiuto costerà la vita a 11 ceccanesi, morti dietro i reticolati dei lager nazisti.
Una pagina della Seconda Guerra Mondiale a lungo trascurata ma tornata a vivere anche a Ceccano grazie a toccanti testimonianze dirette dei reduci come lui, imprigionato a venticinque anni e tornato a casa in drammatiche condizioni psicofisiche.
Il debito della nostra città non si estinguerà facilmente ed è un riconoscimento alla dignità e al sacrificio di chi ha sofferto per riscattarci dall’oppressione dittatoriale. Ringraziamo Tommaso per avercelo ricordato con il suo spirito di ribellione.
La partecipazione dei ceccanesi alla Resistenza non si sviluppò soltanto in Ciociaria, ma ne registrò la presenza attiva in altri contesti territoriali in Italia e all’estero: Albania, Isole Ionie della Grecia e nei lager per internati militari dislocati in Germania, Polonia, Austria e Cecoslovacchia. Oggi, ad 80 anni dalla fine della guerra, è stato possibile finalmente ricostruire un quadro esatto degli uomini e delle donne di Ceccano che scelsero di combattere e contrastare l’oppressore non solo nel proprio territorio, ma anche nel resto d’Italia e nei paesi europei che soggiacevano alla brutale dittatura nazista, grazie ad una capillare azione di ricerca, con il fondamentale supporto degli archivi storici resi accessibili on-line al pubblico.
Sul movimento partigiano che si sviluppò a Ceccano e sui Monti Lepini, soprattutto sul versante carpinetano, molto si è scritto, anche se con ritardo, se si pensa che la prima celebrazione del 25 aprile avvenne a Ceccano “solo” nel 1969, cioè 25 anni dopo la fine della guerra, con l’irrimediabile perdita di tante testimonianze dirette dei protagonisti di quelle vicende, che soltanto grazie alle ricostruzioni storiche dei ricercatori locali ha impedito di perderne totalmente le tracce nella memoria locale. Il primo libro che descrive in maniera documentata le vicende belliche e quindi anche il movimento partigiano che riguardarono Ceccano, curato dal Prof. Angelino Loffredi, è del 1990!
Ancora più complessa si è rilevata la ricostruzione storica della partecipazione dei Ceccanesi con ruoli attivi e di fondamentale importanza nella Resistenza romana, di cui soltanto da pochissimi anni si sta rivalutando il ruolo svolto.
Tornando ai presupposti che hanno consentito di ricostruire storie e vicende dei Partigiani e Patrioti ceccanesi che si schierarono contro gli oppressori dopo l’8 settembre del 1943, nei primi anni del dopoguerra con decreto ministeriale furono istituite delle commissioni regionali per il riconoscimento della qualifica di partigiano o di patriota di chi aveva partecipato alla Resistenza. Per Ceccano furono catalogate ben 126 schede, come è stato possibile verificare nell’Archivio di Stato, portale “Ricompart”, con i dati dei richiedenti, e su questa abbiamo avuto già un primo riscontro sull’effettiva consistenza numerica della partecipazione dei ceccanesi alla guerra di Liberazione in Ciociaria.
A Ceccano erano presenti due raggruppamenti partigiani, uno guidato dall’Avv. Giuseppe Ambrosi, l’altro da Romolo Battista, uomini dalla forte personalità in perenne contrasto per l’egemonia del movimento partigiano locale. Contrasto che proseguì anche nel dopoguerra, che non era riconducibile all’appartenenza politica ma dettata da contrasti personali. L’Avvocato Ambrosi fu l’estensore della relazione inviata subito dopo la fine del conflitto al Ministero della Guerra, così suddivisa con i relativi nominativi:
– elenco degli informatori e collaboratori
– elenco dei patrioti meritevoli di premi in denaro, ricompense e sovvenzioni
-aggiunta all’elenco nominativo dei patrioti meritevoli di premio in denaro, sovvenzioni e ricompense
-aggiunta all’elenco dei patrioti collaboratori
-elenco nominativo dei patrioti morti ed elenco nominativo dei patrioti feriti e mutilati
Parliamo di un totale di 187 ceccanesi attivi durante la Resistenza, secondo gli elenchi di Ambrosi. Gli elenchi però non menzionano i ceccanesi attivi nella Resistenza a Roma e nel resto d’Italia, né tantomeno i soldati internati nei lager nazisti o resistenti a Cefalonia o in Albania.
Basandosi invece sull’analisi delle schede del portale “Ricompart” i numeri sono diversi: i partigiani ceccanesi ai quali viene riconosciuta la qualifica di Partigiano combattente sono effettivamente 22, di cui 2 caduti, cui vanno aggiunti 8 Partigiani non originari di Ceccano che aderiscono alle formazioni locali e 13 Patrioti, numeri ben lontani dagli elenchi inseriti nella relazione dell’Avv. Ambrosi. Al di là del ridimensionamento della consistenza numerica operante a Ceccano, il valore dei ceccanesi nella Resistenza, dall’analisi delle schede, emerge ancora più forte e di valore. Basti pensare ad esempio che a Roma sono presenti in attività partigiane 16 ceccanesi appartenenti però tutti a partiti politici: cinque risultano iscritti al Partito Comunista, tre al Partito Socialista, due al Partito d’Azione, al Fronte Militare Clandestino e a Bandiera Rossa ed infine in due formazioni operanti nel resto della regione, 1 a Poggio Mirteto e 1 partigiano nella brigata Ceprano. La resistenza a Roma dei ceccanesi trova i suoi due martiri nelle figure di Luigi Mastrogiacomo e Francesco Bruni, massacrati dai tedeschi in due distinte azioni di rappresaglia.
Luigi Mastrogiacomo, dopo l’armistizio dell’8 settembre, diventa un membro attivo nella resistenza romana collaborando con il nucleo di intelligence guidato dal tenente Maurizio Giglio (Medaglia d’Oro al valore militare) denominato servizio informazioni “Radio Vittoria”. La trasmittente è custodita da Luigi sul galleggiante del Ministero delle Finanze ormeggiato sul Tevere ed è utilizzata dal tenente Giglio per inviare notizie di carattere militare al comando alleato bloccato sul fronte di Anzio e Nettuno.
Francesco Bruni, appartenente al Partito d’Azione, figlio di Regina, anch’essa attiva nella resistenza come il resto della famiglia, tutti originari di Ceccano, viene barbaramente ucciso dalle S.S. in un agguato in via Nomentana, e la sua camicia traforata dai proiettili è esposta come tragica testimonianza nel Museo della Liberazione a Roma, nello stesso edificio in via Tasso, teatro delle sevizie e torture alle quali erano sottoposti gli uomini della Resistenza romana che cadevano nelle mani degli aguzzini fascisti.
Poco nota è anche la presenza dei ceccanesi nella guerra di liberazione in Piemonte. All’indomani dell’8 settembre tanti soldati cercarono con tutti i mezzi di tornare a casa, ma una parte consistente di essi preferì combattere l’invasore unendosi alle brigate partigiane operanti nelle Langhe e nelle valli piemontesi, in una guerra senza esclusione di colpi così come raccontata da Beppe Fenoglio in uno dei suoi libri più famosi “Il partigiano Johnny”. Orlando Nicolia (classe 1921) e Angelo Ferrante (1920) nella Brigata Grinet, dove Angelo raggiunse il grado di commissario distrettuale, Gino Colafrancesco (1924), nome di battaglia ‘Berto’, nella Brigata Garibaldi, Augusto D’Annibale (1921), nome di battaglia ‘Tigre’, arruolato nella brigata Sap Carando, Vincenzo Cicciarelli (1921) nella 104^ Brigata Verde ed infine con la qualifica di patriota, Giovanni Cerroni (1916), nella 3^ Divisione Alpi.
Mentre del tutto ignorata, fino ad oggi, la partecipazione del soldato ceccanese Giulio Pirri (classe 1911) nell’insurrezione della popolazione di Lanciano, in Abruzzo, che a partire dal 6 ottobre del 1943 scatenò contro i tedeschi nel tentativo di cacciarli dalla città. Fece seguito una durissima rappresaglia contro la popolazione. Il bilancio dell’insurrezione fu di 47 vittime tra ufficiali e militari di truppa tedeschi e 11 partigiani e 12 civili uccisi. La rivolta fu guidata dal partigiano Trentino La Barba, che cadde in combattimento e per il suo sacrificio fu decorato di medaglia d’oro al valor militare, mentre Pirri rimase ferito nel corso della battaglia guadagnandosi sul campo la qualifica di partigiano combattente.
Nei paesi europei ancora sotto il dominio delle truppe naziste, sono venute alla luce vicende di resistenza che soltanto l’accesso alla documentazione oggi consultabile nel portale “Ricompart” ha consentito di conoscere: Domenico Del Brocco (classe 1919), superstite dell’eccidio della divisione Acqui di stanza sull’isola di Cefalonia, in Grecia, che dopo l’armistizio non si arrese ai tedeschi e resistette per circa due settimane fino a capitolare e dare luogo al massacro di oltre 5.000 soldati Italiani. I superstiti, compreso Del Brocco, furono trasferiti nei lager in Germania da dove fu liberato dalle truppe russe nel febbraio del 1945, per trovare la morte nel successivo mese di novembre per fatti di guerra non meglio specificati nel suo foglio matricolare. Oggi di Domenico Del Brocco non c’è traccia sulle lapidi dei caduti del monumento cittadino, ma la sua partecipazione attiva nella resistenza ai tedeschi a Cefalonia gli fu riconosciuta da parte della commissione istituita già nel 1947 che lo qualificò come partigiano combattente.
In Albania, le truppe italiane lì presenti alla data dell’armistizio non vollero arrendersi all’esercito tedesco, e si costituì con 170 soldati volontari il battaglione “Antonio Gramsci”, che si unì all’esercito di liberazione del Paese. In questo reparto, guidato da un leggendario fornaio toscano, Terzilio Cardinali, Medaglia d’Oro al valor militare, si aggregò il ceccanese Felice Bucciarelli (1911), che combatté a fianco dei suoi commilitoni contro i nazisti ed ebbe l’onore, assieme alla sua brigata, di sfilare per primi nella Tirana liberata come segno di riconoscenza dell’intero popolo albanese.
Infine, per avere un quadro completo della resistenza italiana nel 1943-1945, va senz’altro citata la vicenda degli I.M.I. (Internati Militari Italiani), di cui abbiamo già scritto in passato soprattutto a proposito del significato storico del rifiuto della maggioranza di loro a aderire alla Repubblica di Salò come atto fondante, ormai riconosciuto da tutti gli storici, della resistenza italiana al nazi-fascismo. I militari ceccanesi prigionieri nei lager nazisti, dislocati in Germania,Austria, Polonia e Cecoslovacchia, furono complessivamente 236, di questi,sette erano civili, compresa una donna, Antonietta Gallucci, che fu prelevata dalla fabbrica di munizioni di Bosco Faito, accusata di azioni di sabotaggio e internata in un lager a Berlino. Dei 236 I.M.I., soltanto un militare aderì alle offerte di rimpatrio per chi avesse aderito ai proclami della nuova Repubblica fascista, mentre il rifiuto costerà la vita a 11 ceccanesi, morti dietro i reticolati dei lager nazisti.
Spero che la completa ricostruzione storica della partecipazione dei ceccanesi alla Resistenza aiuti finalmente a conciliare, anche nella nostra città, quello spirito di ribellione alla base del riscatto dall’oppressione dittatoriale che contribuì alla liberazione e, soprattutto, alla nascita della democrazia e della libertà nel nostro Paese.
Ogni tanto accade anche nello sport di assistere a singolari e straordinarie manifestazioni come quella tenutasi lo scorso 18 Dicembre presso il Bocciofilo Parco Fitness di Patrica dove, a competere e a vincere sono soprattutto la comunanza e il sostegno. Stiamo parlando della Manifestazione denominata “Diversa…mente in campo” nella quale, attraverso l’organizzazione del Circolo Bocciofilo Badia, si sono “sfidati” nel gioco delle bocce tra sorrisi e pacche sulle spalle atleti paralimpici provenienti dalle strutture sociosanitarie della Citta di Ceccano e dall’intero territorio provinciale.
Al termine degli incontri gli atleti sono stati premiati con medaglie consegnate dal Presidente Del Brocco, dai rappresentanti dei Comuni di Patrica e Ceccano e dagli sponsor che con il loro impegno consentono la realizzazione e svolgimento di tali manifestazioni. Il Presidente nel suo intervento finale ha voluto esprimere il ringraziamento proprio e di tutta l’Associazione per tutti coloro che a vario titolo collaborano costantemente con l’Associazione, con una menzione speciale per gli amici della ABB Sace che quest’anno si sono aggiunti per l’organizzazione della Manifestazione e che da anni sono lodevolmente impegnati in tante iniziative sociali sul territorio. Alla solidarietà e inclusione che hanno caratterizzato l’evento, si è aggiunta infine “l’accoglienza” fornita da Don Sebastiano, Parroco del Santuario di Santa Maria a Fiume in Ceccano, che ha dato ospitalità e ristoro in un pranzo natalizio a base di polenta e salsiccia agli atleti e a tanti altri amici condividendo con essi un gesto di convivialità attraverso l’augurio natalizio di cementare e implementare lo spirito di unione e di solidarietà che contraddistingue manifestazioni come “Diversa…mente in campo”.
L’augurio per il nuovo anno è che si consenta a questa disciplina, inclusiva e amata da tutte le fasce di età, di tornare ad avere delle strutture e dei luoghi cruciali per il suo svolgimento a tutti i livelli.
Il 14 e il 15 dicembre scorsi, presso il Barbecue Paradise di Torino, si è svolta la finale del Campionato italiano di BBQ. Sono stati due giorni appassionanti e molto combattuti. In rappresentanza della Ciociaria si è presentato l’esordiente Zio Team Barbecue, che si è classificato al quarto posto. Un risultato incredibile considerato che il gruppo era alla prima partecipazione. Questo sorprendente risultato è stato preceduto da un terzo posto nella classifica generale del centro-sud Italia.
È stato un percorso lungo e impegnativo, il campionato infatti è iniziato in primavera ed è terminato a dicembre; la passione per il BBQ e l’amicizia che lega i membri del team ha fatto da stimolo e collante. I nostri campioni capitanati da Cesare Masi (soprannominato Zio Vittorio, da cui il nome del team) sono Antonio Del Brocco, Vittorio De Sanctis, Angelo Peli, Dino Savo, Dario Del Brocco, Luca Del Brocco, Giuseppe Masi; dopo questi grandi successi iniziano a prepararsi per il prossimo campionato che riserverà delle sorprese anche per il nostro territorio. Grazie all’impegno dello Zio Team Barbecue, infatti, una delle Fire Battle del prossimo campionato centro-sud Italia di BBQ si svolgerà a Ceccano e vedrà la presenza di team provenienti da tutta Italia. Il capitano Cesare Masi ringrazia sentitamente tutte le persone che li hanno seguiti e accompagnati con calore e partecipazione in questo incredibile esordio e da appuntamento per le prossime gare.
Il giornalista Federico Buffa a partire dal 4 maggio racconterà su Sky la storia dei Diavoli di Zonderwater .
Buffa racconta le vicende umane di quei giovani italiani rinchiusi in Sudafrica e privati di tutto, che nello sperduto campo di Zonderwater, grazie allo sport, ritrovarono la dignità. Lontani da casa, dagli affetti. Ma anche lontani dalla battaglia. Soldati nel pieno della giovinezza. Un’intera generazione, il maggior numero di prigionieri di guerra italiani, quasi centomila, fra il 1941 e il 1947 si ritrovarono esiliati in Sudafrica, nel campo di Zonderwater, il più popoloso della Seconda Guerra Mondiale. In un paesaggio lunare, arido e bersagliato dai fulmini, come sopravvivere alla fame, alle malattie, alla noia, alla nostalgia del proprio Paese? La soluzione si deve al colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, un capo illuminato, che capì che a quei giovani uomini bisognava restituire una vita normale e scelse lo sport come alleato. Gare di scherma, atletica, ginnastica, incontri di boxe, un campionato di calcio con andata e ritorno e persino prigionieri-star, come Giovanni Vaglietti, del Torino, anima degli invincibili Diavoli Neri. Tra questi, il ceccanese Benedetto Tomassi, conosciuto da tutti come “Betto”, classe 1920. Nel dicembre del 2010 ebbi modo di intervistarlo su quella vicenda, la ripropongo volentieri oggi.
Nel campo di prigionia di Zonderwater arrivarono dai vari fronti di guerra in Africa anche molti ragazzi ceccanesi. Tra i 252 prigionieri Italiani morti a Zonderwater c’è, ad esempio, anche Giacinto Ferri, nativo della contrada di Colle San Paolo, appartenente al 55° Reggimento Artiglieria “Brescia” fatto prigioniero dagli Inglesi e morto nel campo di prigionia sudafricano il 7 giugno 1942. Di un altro ceccanese che trascorse sei lunghissimi anni nel campo di Zonderwater possiamo farci raccontare da lui stesso la storia. Stiamo parlando di Benedetto Tomassi da tutti conosciuto come “Betto”, classe 1920, fatto prigioniero in Africa settentrionale e tornato in Italia nel 1946. Betto è conosciuto oltre che per l’appassionata militanza politica anche per i suoi trascorsi calcistici come ala destra della squadra del Ceccano nel dopoguerra e fece parte della formazione che il 26 gennaio del 1946 sconfisse il Frosinone in casa per 1 a 0. Partiamo appunto dalla sua passione per il calcio per farci raccontare la sua avventura nel campo di prigionia in Sudafrica .
Betto ma nel campo di prigionia di Zonderwater si giocava a calcio?
Sì, nel campo esistevano addirittura, se non ricordo male, 14 campi di calcio e si disputavano veri campionati con gironi di andata e ritorno che duravano anche mesi. Alle partite assistevano tanti prigionieri che facevano un tifo incredibile, come si fosse trattato di partite di serie A. A proposito, non ricordo i nomi, ma credo che in alcune squadre di prigionieri militassero giocatori che avevano giocato nei campionati di serie A e B. Ricordo che ci fu anche una partita tra guardie carcerarie e una rappresentativa di prigionieri che finì 10 a 0 per noi con grande disappunto per i Sudafricani.
In effetti a Zonderwater, come si legge in un recente libro di Carlo Annese “I diavoli di Zonderwater”, oltre al calcio, nel campo di prigionia si svolsero con continuità anche altri sport come la scherma, l’atletica leggera e il ciclismo. Per la boxe ci fu un combattimento tra Gino Verdinelli di Velletri e Giovanni Manca che raccolse circa 20.000 spettatori. Oltre al calcio, Betto, hai praticato altri sport?
No, oltre a giocare a calcio l’unica cosa cui ricordo di aver partecipato nel tempo libero era agli spettacoli teatrali dove si allestivano vere e proprie rappresentazioni in costume, dove davo anche una mano a cucire i vestiti di scena. Quell’esperienza mi è servita perché negli anni della prigionia ho lavorato come sarto e non me la sono passata male. La cosa simpatica negli spettacoli erano i personaggi femminili interpretati dagli stessi prigionieri, in particolare ricordo un Sergente di artiglieria che riscuoteva un successo fenomenale tra noi soldati che non vedevamo una donna da anni!
Ricordi di Giacinto Ferri morto nel giugno del 1942?
Ho un vago ricordo di Giacinto, ma c’erano anche altri soldati di Ceccano. Il campo di prigionia era enorme, quasi una città. Di fatto non ricordo come morì Giacinto anche se debbo dire che l’assistenza sanitaria era buona e c’erano nel campo parecchi ospedali. La maggior parte dei decessi, sembrerà strano, era dovuto ai fulmini che cadevano continuamente sul campo, soprattutto quando ancora era costituito dalle tende. Ricordo di un giovane di Anagni, Antonio Colantoni, che rimase fulminato da una saetta. A proposito di Giacinto, ricordo che aveva dei parenti a Colle San Paolo che negli anni passati ho visitato spesso.
Betto hai conservato qualche foto del tuo periodo di prigionia a Zonderwater?
Purtroppo le foto del periodo della mia prigionia sono andate perse durante una Festa dell’Unità, quando furono utilizzate per un’iniziativa sui ricordi dei reduci di guerra. Sarei molto contento poterne tornare in possesso perché è l’unico ricordo della mia permanenza a Zonderwater.
Betto, un’ultima domanda, perché in tutti questi anni non si è mai parlato delle varie prigionie dei soldati ceccanesi dispersi in tutto il mondo, dall’India all’Australia, dal Sudafrica all’Inghilterra?
Non lo so. Di fatto appena tornati a Ceccano trovammo una situazione – si può dire- ancora peggiore di quella che avevamo lasciato in prigionia. Il primo impulso fu quello di rimboccarsi le maniche e impegnarsi alla ricostruzione senza più pensare agli aspetti negativi che la prigionia aveva lasciato dentro ognuno di noi.
Anche a Betto, scomparso il primo settembre del 2015, ultimo “diavolo di Zonderwater” di Ceccano, è dedicata la trasmissione in onda dal 4 maggio realizzata dal giornalista Federico Buffa .
Betto Tomassi il giorno dell’intervista, dicembre 2010La formazione del Ceccano vincitrice al Matusa contro il Frosinone nel 1946
Uscirà a breve in tutte le librerie il secondo volume de “I divoratori del Presente – Gli untori del domani”, dal titolo “Un amico interstellare”. A distanza di 8 anni dal primo romanzo, Angelino Stella torna a percorrere la strada che lo ha contraddistinto sia durante la sua attività politica che durante quella letteraria. Una lotta per la difesa del territorio, sempre più bullizzato e martirizzato da politici, imprenditori, curie, lobby, gente comune, tutti dediti alla ricerca del profitto immediato a svantaggio delle future generazioni. Torna a parlare delle battaglie di una vita in un libro che è al tempo stesso romanzo, saggio, raccolta di poesie e di pensieri filosofici. Un’immersione vera nel mondo controcorrente di un combattente vero, che per portare avanti le proprie battaglie ambientali ha spesso messo da parte gli interessi personali e politici, finendo, solo apparentemente oggi, in un angolo. In questo spazio che per molti sarebbe potuto apparire ristretto, ha prodotto quest’opera impegnativa, complessa ma appassionata, in cui ci ricorda in ogni passaggio che la nostra vita, e quella delle future generazioni, passa attraverso le nostre azioni quotidiane. Il libro sarà presentato nel mese di giugno, tutti i dettagli saranno forniti a breve.
Chiariamo subito il concetto: un’Amministrazione va giudicata per le attività svolte durante un intero mandato, e dovrebbe avere il diritto di portarlo a termine perché è così che vogliono gli elettori al momento del voto. Questo il pensiero mio e di tantissimi altri. Ci sono però oggi delle situazioni che spingono a riflettere su cosa sia diventata oggi la politica. Da sempre considerata come un laboratorio capace di anticipare anche gli scenari nazionali, a Ceccano nel 2015 vince le elezioni per la prima volta dal 1994 (anno in cui i ceccanesi elessero direttamente il Sindaco in base alla nuova legge elettorale per i Comuni) una coalizione diversa dal centrosinistra. Un gruppo molto forte, composto da sette liste civiche che, sostenendo Roberto Caligiore, porta avanti con forza lo slogan “Né destra, né sinistra, né affari”, e trionfa al ballottaggio con il 66,40% dei voti contro Luigi Compagnoni, che a mio modo di vedere continua ad essere la persona giusta candidata nel momento sbagliato. Il vento dell’estate 2015 faceva presagire una nuova era per la nostra città. Un nuovo modo di fare politica, finalmente sarebbero stati risolti tanti problemi decennali, da Acea ai rifiuti, dall’inquinamento al recupero del Palasport, passando per il decoro urbano e la sicurezza. A un certo punto però, la politica del “né né né” (confesso di non amare le negazioni negli slogan) ha iniziato a scricchiolare, rendendo palese ed evidente che quel cartello elettorale non era stato assemblato sulla base di un progetto, ma solo perché molti dei candidati erano delle vere e proprie calamite di consensi. Messi tutti insieme alle elezioni erano stati un tornado. Messi tutti insieme a governare, hanno prodotto una serie impressionante di crisi partite da febbraio 2017 (appena 1 anno e mezzo dal voto) e destinate ancora a non finire. Ogni singolo consigliere si è rivelato essere non parte di un gruppo, ma un partito a sé stante, interessato solo alla propria figura e non al gruppo, fatta eccezione per gli iscritti a Fratelli d’Italia, abituati all’esperienza di partito, e alle liste Nuova Vita e Patto Civico, nati prima come gruppi e poi diventati liste. Il resto, una serie di rivendicazioni, minacce, riavvicinamenti, poi di nuovo litigi, richieste di posti, richieste di maggiore visibilità, che hanno finito per schiacciare il Sindaco, lasciandolo a dover gestire non una coalizione, ma un domino dove ogni tessera che veniva spostata ne poteva far cadere un’altra, paralizzando di fatto una vita amministrativa già seriamente compromessa dalla carenza di risorse economiche cronica che colpisce tutti gli enti locali. L’ultima crisi è emblematica. Per sostituire Massimo Ruspandini alla carica di Vicesindaco ci vogliono tre mesi, con colpi di scena degni di House of Cards, o forse meglio di Beautiful, dove c’è chi minaccia di uscire, poi viene cacciato, poi rientra, poi non sa se accettare, poi esce di nuovo, con cambiamenti di idea e di posizione così repentini da far girare la testa anche ai più attenti appassionati (rimasti ben pochi nel frattempo). Sia chiaro, non è la prima volta che si verificano crisi. Gli stessi sindaci di centrosinistra ne avevano affrontate decine, uscendone indenni Cerroni e Ciotoli, e uscendone sconfitta Manuela Maliziola, sfiduciata da 11 consiglieri nel giugno 2014 dopo appena due anni di mandato. Forse questo ci dice che, con i famigerati e brutalizzati partiti, si riusciva a trovare un’intesa più facilmente rispetto ad oggi, dove ognuno pensa per sé, ognuno sostiene, come la Claire Underwood di House of Cards, che è il suo turno e tutti devono farsi da parte. Dove porterà tutto questo? Non si sa. Di certo non alla risoluzione dei problemi di Ceccano. I famigerati problemi ereditati da “quelli di prima” che, ahinoi, forse erediteranno in toto anche “quelli di dopo”, chiunque essi siano. Forse, con questa situazione di estrema difficoltà economica e politica, piuttosto che cercare di rammendare con le toppe un’esperienza nata e finita male, sarebbe stato più saggio assumersi la responsabilità di fare un passo indietro, non per sé stessi, ma per la città. A quel punto, a giugno 2019 avremmo votato di nuovo, ma magari avremmo avuto di fronte coalizioni diverse, più omogenee (lo so che è un’utopia, ma è una semplice opinione), e il vincitore avrebbe potuto iniziare a governare da subito. Insomma, meglio perdere sei mesi e ricostruire piuttosto che affrontare un anno e mezzo di crisi e litigi.