Campionato Italiano BBQ, un team ceccanese al 4° posto!

Il 14 e il 15 dicembre scorsi, presso il Barbecue Paradise di Torino, si è svolta la finale del Campionato italiano di BBQ. Sono stati due giorni appassionanti e molto combattuti. In rappresentanza della Ciociaria si è presentato l’esordiente Zio Team Barbecue, che si è classificato al quarto posto. Un risultato incredibile considerato che il gruppo era alla prima partecipazione. Questo sorprendente risultato è stato preceduto da un terzo posto nella classifica generale del centro-sud Italia.


È stato un percorso lungo e impegnativo, il campionato infatti è iniziato in primavera ed è terminato a dicembre; la passione per il BBQ e l’amicizia che lega i membri del team ha fatto da stimolo e collante. I nostri campioni capitanati da Cesare Masi (soprannominato Zio Vittorio, da cui il nome del team) sono Antonio Del Brocco, Vittorio De Sanctis, Angelo Peli, Dino Savo, Dario Del Brocco, Luca Del Brocco, Giuseppe Masi;  dopo questi grandi successi iniziano a prepararsi per il prossimo campionato che riserverà delle sorprese anche per il nostro territorio. Grazie all’impegno dello Zio Team Barbecue, infatti, una delle Fire Battle del prossimo campionato centro-sud Italia di BBQ si svolgerà a Ceccano e vedrà la presenza di team provenienti da tutta Italia. Il capitano Cesare Masi ringrazia sentitamente tutte le persone che li hanno seguiti e accompagnati con calore e partecipazione in questo incredibile esordio e da appuntamento per le prossime gare.

Dicembre 1934, buon compleanno al “Dante Popolla”!

Nel corso degli anni ha cambiato il nome, ma mai la sua identità! Dal campo sportivo “Dux”, a  “Comunale”, fino all’intitolazione a “Dante Popolla”, tragicamente scomparso nell’affondamento, nel mare antistante Siracusa, del piroscafo “Conte Rosso”, che trasportava  2727 soldati sul fronte africano il 24 maggio 1941. Fatto sta che quel signore che padroneggia  lungo le sponde del Sacco in questi giorni ha compiuto 90 anni! Inaugurato il 9 dicembre 1934 con la partita amichevole Lazio–Frosinone, terminata 6 a 3 per i biancocelesti, quella struttura ha accolto centinaia di tifosi ed è stato teatro di altrettante emozioni nel corso della sua lunga vita .

L’ articolo che racconta la partita inaugurale del campo sportivo ceccanese è consultabile  nell’archivio “LazioWiki” e, scorrendo le formazioni, l’attenzione non poteva non andare al  nome del più grande centravanti della storia del calcio italiano: Silvio Piola, campione del  mondo nel 1934 e detentore di record ancora oggi ineguagliati se non in parte: maggior numero di reti (274) in Serie A; record di marcature in una singola partita (6) uguagliato  solo da Omar Sivori; calciatore più anziano a vestire la maglia della nazionale prima di Dino Zoff (a quasi 39 anni in Italia–Inghilterra nel 1952). Quel giorno a Ceccano Piola realizzò una doppietta di cui uno su rigore ed è bello ricordare che il nostro campo fu tenuto a battesimo  da uno dei calciatori più iconici della storia del pallone. Nella formazione della Lazio spiccava,  tra gli altri, un nome particolarmente importante del calcio moderno: Gipo Viani, che ai più giovani dirà poco ma che viene annoverato tra gli innovatori ante-litteram della tattica, commissario tecnico della nazionale e di quella olimpica nel 1960, gli viene riconosciuta l’introduzione del ruolo del “Libero”, che fino ad allora non veniva contemplata nelle formazioni e chissà se proprio in quel giorno maturò la sua idea di arretrare un calciatore dietro i difensori! 

Inoltre, nell’articolo è curioso rilevare come i rapporti non proprio amichevoli tra i tifosi  ceccanesi con la squadra del Frosinone già esisteva fin dagli albori della storia calcistica  provinciale, scrive infatti il giornalista “ … neppure il fattore campo è stato propizio ai giocatori giallo-azzurri, perché gli sportivi ceccanesi hanno tifato grandemente per la Lazio, permettendo così a questa di non rinunciare anche al gioco duro …” 

Tornando al giorno inaugurale, l’unica foto da cui possiamo farci un idea di come si presentava quel giorno il campo è riportato sul libro dello storico Tommaso Bartoli, pubblicata sul suo libro “Cacio e calcio rosso-blu” nel 1996, la gradinata nord che ospita oggi i mitici ultras del Ceccano non era ancora stata realizzata e nel posto dei vecchi spogliatoi è presente una tettoia di una colonia solare intitolata a F. Avallone, e della tribuna centrale si scorge una pretenziosa colonna sormontata da un capitello ma, come racconta sempre Bartoli all’indomani della guerra le tegole e le colonne delle strutture furono trafugate per essere utilizzate come materiali edili nella ricostruzione di qualche casa.

Nell’immediato dopoguerra inizia un periodo d’oro per la squadra ceccanese, sotto la guida dell’industriale Annunziata, e il campo torna ai suoi splendori con la costruzione di spogliatoi al posto della colonia solare e addirittura una tribuna in legno in corrispondenza del lato fiume e il campo ospita amichevoli di lusso contro squadre di serie A e la squadra campione di Norvegia. A tal proposito è suggestiva – per l’immensa passione che animava i tifosi – la foto scattata durante l’amichevole con la Salernitana con gli spalti gremiti a tal punto che non erano riusciti contenere tutti e per tale motivo tanti si erano assiepati sulla collina del Pischitu Matarazzu – allora sgombro di abitazioni – e sui tralicci dell’alta tensione a testimonianza dello straordinaria partecipazione di pubblico.

Nel corso degli anni il campo ha visto altre imprese sportive ed ha visto esibirsi altri campioni, ha subito altre trasformazioni e ristrutturazioni con la realizzazione di moderni spogliatoi, impianti di illuminazione, posa di un manto erboso fino al recente nuovo manto di nuova generazione, ma da sempre ha costituito un punto fermo nel cuore dei tifosi e soprattutto ha alimentato i sogni di tanti ragazzi, e chissà che prima e poi, nei prossimi anni, qualche giovane promessa proverà ad emulare Augusto Ive che, dal campo in terra battuta del Dante Popolla  giocando nel torneo delle contrade nel 1962, riuscì ad esordire in serie A nel 1966 vestendo la maglia della Spal, ad oggi unico ceccanese ad aver giocato nella massima serie.

Ancora una volta buon compleanno al nostro stadio!

Luigi Compagnoni

Bocce, gli atleti paralimpici della Badia (Patrica) Campioni d’Italia

Abbiamo ancora negli occhi la gioia immensa dei nostri ragazzi, che domenica 16 giugno si sono laureati Campioni d’Italia nel Torneo Paralimpico per Società organizzato dalla FIB.

Non è facile esprimere a parole le sensazioni che abbiamo provato nel vederli competere con atleti abituati a quel tipo di palcoscenici, abituati a giocare in strutture importanti, ed è quindi stato realmente come se i nostri piccoli David avessero battuto dei grandi Golia. Una di quelle imprese epiche che nei tempi moderni solo lo sport ci sa regalare.

Andiamo con ordine in merito ai ringraziamenti, partendo proprio da loro, dai nostri Campioni d’Italia: Maria Laura D’Annibale, Vincenza Leone, Gianluca Panetta, Walter Vendittelli, Dino Savo e Arduino Rizzi, e con loro le famiglie, i medici, gli infermieri e tutto il personale delle Comunità “F. Basaglia” e “R. Priori” di Frosinone, del Centro Diurno di Isola del Liri, del Centro Diurno “Oltre il Muro” di Ceccano e della Comunità “M. Jones” di Ceccano. Tutti coordinati dal Dipartimento di Salute Mentale e Patologie da Dipendenza della ASL di Frosinone.

Proseguiamo poi con l’Amministrazione Comunale di Patrica, che ci segue sempre da vicino e ci ha messo a disposizione una struttura nel Centro Fitness delle Quattro Strade, consentendoci di sopravvivere con le nostre attività quotidiane, e la Bocciofila di Arce, che ha ospitato i nostri ragazzi per lo svolgimento delle gare casalinghe del Torneo. La mancanza di strutture a Ceccano continua a perpetrarsi nonostante l’impegno e la dedizione dei nostri volontari, che portano alto il nome di Ceccano nonostante della nostra città ormai sia rimasto soltanto il nome.

Infine, ringraziamo i nostri tecnici Antonio Del Brocco e Angelo Peli, che affiancano questi ragazzi da anni e hanno saputo instaurare con loro un legame che va ben oltre lo sport.

Un successo davvero storico, che ci fa sentire ora ancora più responsabili e determinati nella nostra battaglia per il miglioramento delle strutture sul territorio. Continueremo a chiamarci Bocciofila Badia Ceccano, ma è giunto il momento che Ceccano faccia la propria parte.

Bocciofila Badia Ceccano

L’ultimo sopravvissuto ai lager tedeschi, la straordinaria storia di Tommaso Pizzuti

Il 9 maggio scorso ha festeggiato il suo 106° compleanno, infatti è nato a Ceccano nel 1918, e attorniato dall’affetto dei suoi figli e dai numerosi nipoti è stato celebrato anche dall’Amministrazione comunale, con la consegna da parte del Sindaco di una targa ricordo. Parliamo di Tommaso Pizzuti, ancora in grado, nonostante qualche acciacco, di raccontarci la sua straordinaria vita che dura da oltre un secolo!

Le molteplici vicende familiari e lavorative che hanno contrassegnato la sua vita hanno, a nostro avviso, anche un risvolto storico eccezionale di rilevanza nazionale, infatti riteniamo che Tommaso sia tra gli ultimi, se non l’ultimo, sopravvissuti degli oltre 650.000 militari Italiani catturati dai tedeschi e internati nei lager nazisti dopo l’8 settembre del 1943.

L’incontro nella sua casa è stato particolarmente emozionante e rappresenta la degna conclusione delle ricerche che in questi anni abbiamo condotto nella ricostruzione  di una pagina storica per troppo tempo sottaciuta anche nella nostra città, le drammatiche vicissitudini dei militari che durante la seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio, preferirono la dura prigionia nazista piuttosto che aderire alla Repubblica di Salò e che coinvolse 237 ceccanesi, come abbiamo raccontato in tante iniziative pubbliche, e 13 di essi perirono dietro i reticolati dei campi di concentramento.

Tommaso Pizzuti, come tanti giovani di Ceccano, allo scoppio della Seconda guerra mondiale fu richiamato sotto le armi e arruolato in un prestigioso reparto dell’Esercito Italiano di stanza a Catania, il 24° reggimento di Artiglieria della Divisione “Piemonte”, e già il nome del reparto illumina il suo viso:” Noi avevamo i cavalli e non ci spostavamo a piedi!”. All’inizio delle ostilità belliche la divisione viene inviata in Albania e dopo alterne vicende i reparti rimasero dislocati nei territori di occupazione nel Peloponneso in Grecia, dove venne incaricata della difesa delle sue coste schierando le proprie unità a sbarramento del canale di Corinto e organizzando una serie di presidi intorno a Patrasso e nell’isola di Zante. La Divisione si sciolse definitivamente l’11 settembre, in conseguenza dei fatti che determinarono l’armistizio, e purtroppo per Tommaso, come per il suo compaesano Agostino Ciotoli, anch’egli arruolato nella stessa unità si aprì la drammatica prigionia in Germania che durerà fino al 1945.

Per comprendere meglio la vicende legate alla sua prigionia ci siamo basati sulla scheda dell’archivio LeBI    (consultabile  in rete sul sito Lessico Biografico IMI a cura dell’associazione nazionale reduci dalla prigionia in collaborazione con l’ambasciata della Germania a Roma). Tommaso risulta internato nello Stalag VI A (Campo di concentramento) ubicato nella città di Hemer, nella Ruhr, a pochi chilometri da Dortmund. Alla parola “Hemer” gli occhi di Tommaso hanno uno scatto e la ripete alcune volte:” ci portavano anche in altri posti distanti sempre a piedi per lavorare in fabbrica o in fattorie, e una volta che rientrammo al campo in ritardo fui obbligato per punizione a restare all’addiaccio con i piedi immersi nell’acqua per tutta la notte!”

 

Come sono state importanti, a proposito della storia dello Stalag V A le informazioni e le foto pubblicate sul sito “IMI-Internati Militari Italiani” consultabile su Facebook. In particolare c’è stata di aiuto la testimonianza   di Evelyn Vigato, nipote di un internato Italiano, che il 15 ottobre del 2021 ha visitato i luoghi dove si svolse la prigionia di Tommaso e di tanti altri militari italiani”. Oggi nella cittadina tedesca dove era ubicato il campo rimane la piazza pavimentata dove i prigionieri venivano radunati e fatti marciare. Le due casette frontali, oggi centro di informazioni, una volta erano sezioni di controllo all’ingresso del campo, dove si arrivava direttamente con il treno. C’erano sbarre tra l’una e l’altra. A destra al posto di tende e baracche si trova una collina residenziale. Qui riposavano gli internati, che poi, di giorno, si recavano presso le miniere e le fabbriche della Ruhr. Alcuni nelle fattorie dei paesi limitrofi. Russi e poi Italiani, i “traditori”, a loro spettava la sorte più amara. Al campo però c’erano anche polacchi, marocchini, indonesiani etc. Per i francesi la prigionia era meno dura. Nelle foto esposte nel museo c’è anche la razione del giorno, 250 grammi di pane nero e una piccola scodella di zuppa di rape e bucce di patata. 12 ore di lavoro al giorno più le ore di cammino. Letti a castello di legno e tende per la notte, tutti stipati l’uno accanto all’altro. Alcuni arrivarono a bere olio per sete e per cercare di porre fine alla sofferenza. Tanta era la disperazione. Dal 4 aprile del 1945 le truppe americane iniziarono ad accerchiare il campo per poi liberarlo progressivamente”.

A proposito della fame, sempre presente tra i prigionieri costretti a lavori estenuanti e marce forzate, lo stesso Tommaso ci racconta di come, durante i tragitti, cercavano di sfamarsi raccogliendo barbabietole e verdure varie mangiandole crude, per cercare di placare i morsi della fame ed in particolare ricorda un episodio: durante uno dei tanti spostamenti, la colonna dei prigionieri incrociò la carcassa di un gatto morto che veniva scansato a calci da chi lo precedeva. Tommaso, superando il disgusto, lo raccolse e lo infilò nella sua bisaccia, e dopo averlo scuoiato e bollito ne trasse un piccolo ristoro a dispetto dei suoi compagni che lo avevano evitato per un naturale ribrezzo! Dell’esperienza militare in guerra, la mente di Tommaso non conserva soltanto episodi dolorosi della prigionia, ma anche piacevoli come l’incontro con una ragazza siciliana di cui si era invaghito prima dell’invio al fronte albanese, o l’orgoglio di montare a cavallo come artigliere o ancora del commilitone del suo stesso paese.

In conclusione del bellissimo incontro di cui siamo stati testimoni, resta la consapevolezza di una straordinaria storia che merita il massimo risalto, anche attraverso l’attivazione, da subito, anche con il supporto dell’Amministrazione comunale e della Prefettura di Frosinone, delle procedure burocratiche previste dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il conferimento della medaglia d’onore agli Internati militari italiani, sarebbe un evento eccezionale nella storia della nostra città poter far avere il riconoscimento a Tommaso  come ultimo sopravvissuto di quella dolorosa e drammatica pagina di storia Italiana  

Luigi Compagnoni

Attiva…mente in campo, una giornata inclusiva

Torna Attiva…mente, l’evento benefico promosso dalla Bocciofila Badia Ceccano in collaborazione con la ASL di Frosinone. Lunedì 18 dicembre, dalle 9.30 alle 11.30 presso il bocciodromo del Parco Fitness, in località 4 strade a Patrica, avrà luogo l’evento Attiva..mente in campo, che vedrà coinvolti gli utenti dei centri diurni di Ceccano e Isola del Liri, delle comunità “Franco Basaglia e “Romolo Priori” di Frosinone e della comunità “Maxwell Jones” di Ceccano. L’evento è patrocinato dal Comitato Paralimpico del Coni, dalla Federazione Italiana Bocce, dalla ASL di Frosinone e dal Comune di Patrica, oltre ad avere la collaborazione della Rete delle Associazioni di Ceccano. Alle 11.30 avrà luogo la premiazione per tutti i partecipanti.

Tre giorni di “bisboccia” con la Bocciofila Badia Ceccano

Tre giornate dedicate alla socialità e al benessere con lo sport inclusivo per eccellenza: le bocce. Continuano senza sosta le attività del Circolo Bocciofilo Badia Ceccano, guidato dal vulcanico presidente Antonio Del Brocco, che nell’ultimo fine settimana ha visto condividere e divulgare la passione per la raffa e la petanque in tre contesti diversi.

Sabato scorso, presso la Fattoria Vetuscolana di Ceccano, una dimostrazione è avvenuta nel Villaggio dell’Amicizia con l’evento benefico “Una porta sul mondo”, nato con l’obiettivo di raccogliere fondi a favore di un progetto di sostegno abitativo in Ruanda, in collaborazione con la Caritas Diocesana. All’evento hanno preso parte più di 100 ragazzi con disabilità, operatori e sostenitori, che hanno contribuito a raccogliere oltre mille euro per il progetto.

Domenica, presso il Parco Fitness di Patrica, ha avuto luogo l’evento “Facciamo Bis..boccia”, promosso stavolta proprio dalla Bocciofila Badia Ceccano, che gestisce in accordo con il Comune di Patrica una piccola struttura. Anche in questo caso decine di famiglie, amici, associazioni del territorio hanno vissuto momenti di convivialità misurandosi nelle due discipline delle bocce, raffa e petanque, imparando a conoscere uno sport che può mettere sulla stessa pista persone di tutte le età.

Questa mattina invece, sempre nel Parco Fitness, una mattinata speciale in collaborazione con la ASL e il Comitato Paralimpico di Frosinone.

Uno sport che unisce nonostante le difficoltà di praticare l’attività “in esilio”, visto che a Ceccano non esistono piste praticabili. Una lacuna che si spera verrà presto colmata a beneficio delle centinaia di persone appassionate di questa disciplina.

Augusto Ive, il racconto delle imprese sportive di un ragazzo ceccanese che arrivò a giocare in serie A

Le straordinarie imprese della squadra del Frosinone, che pur rappresentando un piccolo capoluogo di provincia per ben tre volte negli ultimi 8 anni è riuscito ad approdare in serie A, ci ha spinti a curiosare negli archivi per ricercare i calciatori nativi della provincia frusinate che nel passato sono riusciti ad esordire nel massimo campionato di calcio Italiano. I numeri non sono eclatanti, soltanto 19 calciatori, nella loro carriera sportiva, possono fregiarsi di essere scesi in campo nella massima serie, anche se quattro di essi (Giannichedda, Palombo, Ogbonna e Zappacosta) hanno avuto anche l’onore di vestire la maglia della Nazionale maggiore. Caso a parte la storia di Delio Onnis, nato a Giuliano di Roma, piccolo borgo della Ciociaria, dove la famiglia si era trasferita dalla Sardegna, che diventò una stella di prima grandezza nel campionato francese   senza mai giocare in Italia.

Le città che vantano il maggior numero di calciatori giunti in Serie A sono Sora, con ben quattro giocatori, e Pontecorvo con 2. Ceccano, la mia città, è presente con soltanto un giocatore, Augusto Ive, nato nella città fabraterna il 18 luglio 1944 ed esordiente in serie A con la maglia della Spal contro il Napoli il 6 settembre del 1965 allo stadio San Paolo.

Dopo svariati tentativi di contattarlo telefonicamente (Augusto vive a Santa Marinella e raramente torna a Ceccano), siamo riusciti finalmente ad incontrarlo grazie all’aiuto del cugino Antonio Mattone, e sono state due ore meravigliose di racconti, di aneddoti e personaggi sportivi che hanno fatto la storia del calcio italiano. Augusto ci ha travolti ed affascinati per la precisa ricostruzione della sua carriera, non solo dal punto di vista sportivo, ma soprattutto per i rapporti umani che il suo carattere estroso ed aperto riusciva ad intrattenere con compagni, allenatori, presidenti e tifosi, che ancora lo acclamano a distanza di tanti anni.

Il suo entusiasmo contagioso ci ha consentito di ricostruire le sue origini ceccanesi, i suoi primi calci nelle giovanili della Roma, fino all’esordio in serie A e B nel giro di pochi mesi nella stagione 1965-1966 con le maglie della Spal e della Reggina ed infine gli ultimi anni della sua carriera.

Il padre Silvio, nato in Austria, militare di carriera, dopo l’8 settembre del 1943 si trova di stanza a Ceccano, inquadrato nel rinato esercito italiano di supporto alle truppe alleate, soprattutto nelle azioni di contrasto agli sbandati e contro le efferatezze delle truppe marocchine contro la popolazione. Qui si innamora della ceccanese Laura Filippi, e nel luglio del ’44 nasce Augusto in località Celleta, dove la famiglia della madre si era rifugiata dopo il passaggio del fronte. All’età di tre anni la famiglia Ive si trasferisce a Roma, presso la caserma Cecchignola, dove Augusto vive la sua infanzia rincorrendo come tutti i ragazzini dell’epoca una palla di stracci fino al giorno “fatidico”, quando sui muri quel quartiere San Giovanni viene affisso un manifesto della Roma Calcio, che organizzava presso il campo della Romulea un provino per i ragazzi. Augusto e i sui amici accorrono ma trovano centinaia di ragazzi e qui i primi aneddoti del racconto di Augusto: non ha le scarpe idonee, quindi gli prestano un paio di scarpini ma di due numeri più grandi.  Nonostante questo i suoi guizzi, il tiro bruciante e una tecnica innata nel trattare la palla non sfuggono agli osservatori tra la moltitudine dei ragazzi in prova ma, secondo inconveniente. Nel registrare il suo nome, un osservatore sbaglia il cognome e viene iscritto nella lista con il cognome Verzega. Per cinque mesi è impossibile rintracciarlo, fino a quando la perseveranza di un osservatore che era rimasto impressionato dal ragazzino lo rintraccia e finalmente Ive entra nel settore giovanile della Roma.

Nelle giovanili giallorosse diventa titolare e partecipa al torneo di Viareggio assieme ad altri giovani di belle speranze: Ginulfi, Carpenetti, De Sisti. Entra di fatto nel giro della prima squadra, in particolare per la stima dell’allenatore Masetti, che lo etichetta come un “nuovo Guaita” anche se al giovanissimo Augusto questo appellativo dice poco, non conoscendo i trascorsi del grande attaccante argentino nella Roma degli anni trenta fino ad arrivare a conquistare il titolo mondiale con l’Italia nel 1934! 

Nel 1962, appena diciottenne, ecco il ritorno a Ceccano sotto forma di amichevole della Roma Primavera contro la squadra locale, tornata in 1^ categoria dopo i fasti dell’Ex Annunziata Calcio degli anni cinquanta. L’emozione di quel giorno con la maglia della Roma nella città dove ancora aveva tanti amici e parenti traspare ancora oggi ma il legame è così forte con le sue radici che in quella torrida estate del ’62, Augusto non riesce a dire di no allo zio Leandro Mattone (vecchia gloria del calcio ceccanese) che lo invita a partecipare con la squadra della “Piazza” al Torneo Rionale, particolarmente sentito nella Ceccano calcistica dell’epoca. La “Piazza”, grazie ai suoi gol, vince il torneo ma Augusto, martoriato dai terzini delle squadre avversarie, avverte i primi problemi al menisco della gamba sinistra, che lo costringerà poco tempo dopo ad operarsi.

Questo gli costa parecchi mesi di stop e i dirigenti della Roma, cui aveva nascosto l’infortunio patito in un torneo amatoriale, decidono di mandarlo in prestito in serie C ad Avellino, dove si comporta bene soprattutto in coppia con Lucio Mujesan, vecchio compagno nelle giovanili della Roma. Le buone prestazioni gli valgono l’attenzione addirittura di Paolo Mazza, presidentissimo della Spal e già ex selezionatore della nazionale italiana nell’infausta spedizione nei mondiali del 1962 in Cile.

Approdato nella squadra estense, allora militante in serie A, Augusto si trova in compagnia di giovani di grande avvenire come Fabio Capello ed Edy Reja, ma anche di maturi giocatori come l’argentino Oscar Massei e Osvaldo Bagnoli. Sarà proprio Massei a mettere il giovanissimo ceccanese sotto la sua ala protettrice e Augusto addirittura verrà convocato come titolare (all’epoca non erano consentite sostituzioni) per la prima partita del campionato contro il Napoli, appena tornato nella massima serie. Ed ecco l’esordio, davanti ad oltre 70.000 persone, del giovane ceccanese, che ben si comporta anche se l’allenatore Petagna non lo schiera nel suo ruolo naturale, ma bensì gli ordina di marcare Juliano, l’elemento più tecnico del Napoli. Lo schema dà ragione all’allenatore fino a portare la Spal in vantaggio, ma il brasiliano Canè, in giornata di vena (autore di una tripletta) supportato da Altafini e Sivori alla fine riusciranno a far prevalere il Napoli   per 4 a 2. Subito dopo, ad Augusto si riacutizza il dolore alla gamba operata e preferisce così trovare più spazio nella Reggina in serie B, dove addirittura segna un bellissimo gol all’esordio contro il Monza (5 dicembre 1965).

Dopo aver superato le conseguenze di infortuni vari nella stagione precedente, anche se segnati dall’esordio in serie A e B, finalmente nella stagione 1966-1967 con il ritorno ad Avellino, una delle pretendenti alla vittoria finale del girone meridionale della serie C, trova la sua stagione migliore realizzando ben 15 gol, anche se Augusto rivendica altri 3 gol classificati come autoreti ma per leggere deviazioni dei difensori che ancora oggi lo fanno indispettire!

A proposito di questa bellissima stagione negli Irpini, da ricordare in particolare la partita contro il Frosinone al Matusa, nella quale Augusto regala ai tanti ceccanesi presenti sugli spalti per ammirarlo, una prestazione eccezionale seppur marcato da un vero e proprio mastino, Pietro Del Sette, realizza infatti il gol vittoria dell’Avellino, oltre a prendere un palo e vedersi annullata un’altra rete.

Dopo questa bellissima stagione ricca di gol, torna finalmente a Roma che dopo anni di anonima spera di tornare allo scudetto affidandosi al famoso allenatore Helenio Herrera. Augusto partecipa alla preparazione precampionato con altri giovani e finalmente esordisce con la maglia giallorossa, seppur in amichevole al Flaminio, contro la Ternana l’11 settembre 1968, la partita finirà 3 a 3 e   Ive pur comportandosi bene non avrà altre occasioni di giocare con la Roma.

Dopo la breve parentesi nella Roma inizia a girovagare per importanti piazze calcistiche, ma di serie C (Casertana, Potenza e Siena) e in serie D (L’Aquila, Angolana ed infine Lanciano). Ognuna di queste esperienze è contraddistinta da tanti ricordi e amicizie incancellabili, ad esempio a Siena, prima dell’incontro clou con l’Ascoli che valeva il campionato, l’estroso Ezio Vendrame, che giocherà poi con il Vicenza e il Napoli, con la sua chitarra e le sue storie terrà compagnia ad    Augusto e i suoi compagni fino alle quattro di mattina! I tanti scherzi con il mitico portiere Alberto Recchia, secondo Augusto uno dei migliori portieri da lui conosciuto, quando i portieri volavano da palo a palo e uscivano come kamikaze!  O ancora l’amicizia fraterna con Alfio Riti, nata ad Avellino e durata una vita… a Lanciano resta memorabile una sua cinquina durante la partita contro il Monopoli, impresa realizzata da pochissimi giocatori in Italia.

Nei tabellini da me trovati in rete la carriera di Ive termina nella stagione 1972-1973, appunto con la maglia del Lanciano per un totale di 9 stagioni tra i professionisti con 223 presenze e 43 reti realizzate. Il vulcanico Augusto mi ha poi raccontato la seconda giovinezza, sempre dettata dal suo amore sconfinato per il pallone, dopo essere stato assunto nella squadra aziendale della Maia Cat, dove successivamente lavorerà per circa 30 anni, continuerà a giocare e a segnare nei campionati dilettantistici laziali (Albano, Pomezia, Ceccano, Romana Gas e ultime stagioni con il Gerano e il Capena) fino alle soglie dei quarant’anni non disdegnando anche la partecipazione ai tornei amatoriali. Augusto ha anche frequentato il corso di Coverciano, ma di fatto non ha mai svolto l’attività di allenatore, restando un appassionato di tutti gli sport, anche della scherma, dove una delle figlie eccelleva, segue sempre la Roma e forse – aggiungiamo noi – un attaccante con il suo   scatto e tiro bruciante ancora oggi sarebbe servito!

Luigi Compagnoni

La Resistenza degli Ultimi

In evidenza

Storia di una donna ceccanese deportata nei lager nazisti

di Luigi Compagnoni

Ogni anno, con l’avvicinarsi delle celebrazioni per il 25 aprile, torna lo scontro fazioso tra le parti che, di fatto, ha sempre impedito un’analisi serena e libera da preconcetti di uno dei momenti più importanti della nostra storia recente. Affinché il 25 aprile sia finalmente la Festa della Liberazione di Tutti, non dovrebbe essere vista con il senso di vittoria di una parte e sconfitta dell’altra, ma come il culmine di uno sforzo di tutti gli italiani per ribellarsi dalla tirannia in cui versavano da ormai troppo tempo. La storia infatti riporta alla luce non solo chi imbracciava fucili e apparteneva a schieramenti politici organizzati, ma anche figure solitarie che a loro modo, e in maniera non violenta, decisero di ribellarsi anche mettendo a rischio la propria vita.

Con il supporto di tanti dati e notizie da archivi fino a pochi anni fa inaccessibili , finalmente è possibile ricostruire tante storie di comuni cittadini che, anche senza imbracciare il fucile, hanno manifestato il loro dissenso alla dittatura a cui non possiamo restare indifferenti.

In tempi recenti, l’Archivio Centrale dello Stato ha pubblicato in rete gli archivi della Croce Rossa Italiana riguardanti l’elenco dei reduci internati nei lager nazisti dopo l’8 settembre del 1943. Sul ruolo degli I.M.I. (Internati Militari Italiani)abbiamo già scritto in passato soprattutto a proposito del significato storico del rifiuto della maggioranza di loro ad aderire alla Repubblica di Salò come atto fondante, ormai riconosciuto da tutti gli storici, della resistenza Italiana al nazi-fascismo.

Ma le notizie che emergono dalla lettura emozionante degli elenchi, finalmente resi pubblici, sono ancora più interessanti. Negli elenchi, che sono stati suddivisi per provincia, sono indicati i nominativi di 106 ceccanesi che nel giugno del 1945 transitarono nei centri di raccolta di Milano o Bolzano nei vagoni provenienti dai lager tedeschi una volta liberati dalle truppe Sovietiche o Alleate. Nello scorrere  l’elenco,  la nostra attenzione è caduta su un nominativo di una donna, Antonietta Gallucci, nata a Ceccano nel 1923, indicata con lo status di civile e internata a Berlino.Seppure in possesso dei suoi dati,reperiti nell’Anagrafe comunale, non si è riusciti da subito a trovare tracce di congiunti o familiari diretti presenti a Ceccano, soprattutto perché Antonietta dal 1957 era emigrata a Roma, dove si era sposata senza avere figli. Soltanto attraverso un paziente lavoro di ricerca svolto con l’amico Adriano Masi nella zona della Cardegna, e intervistando alcune persone che portano lo stesso cognome,si sono avuti i primi riscontri sulla figura di Antonietta, scomparsa  negli  anni ’90. Figlia di Vincenzo,ingegnere che aveva lavorato anche negli Stati Uniti alla costruzione di ferrovie, faceva parte di una famiglia composta da 4 sorelle e un fratello ed aveva lavorato come infermiera presso l’ospedale Fatebenefratelli, nell’isola Tiberina, a Roma, prestando sempre la sua massima disponibilità e assistenza ai compaesani che di volta in volta avevano avuto bisogno di ricoveri o di altre prestazioni sanitarie in quell’ospedale.

Altre notizie in queste ricerche non sono emerse e, quindi, diventava difficile scoprire le ragioni o le cause che avevano condotto Antonietta, dopo l’8 settembre 1943, ad essere deportata in un lager nazista. Finalmente, pochi giorni fa, grazie alla perspicacia del nipote di secondo grado Antonio Gallucci, si riusciva a rintracciare un nipote diretto (Daniele Gallucci, figlio di Luigi, unico fratello di Antonietta) che vive a Roma, ed è emersa la causa della sua deportazione in Germania.

Gallucci Maria Antonia (nell’elenco della C.R.I. indicata come Antonietta)lavorava nella fabbrica di munizioni di Bosco Faito della SNIA-BPD durante la guerra dove, come raccontato nel libro “Il dolore della memoria” dal prof. Angelino Loffredi  ,durante il periodo bellico veniva utilizzata soprattutto mano d’opera femminile. Il lavoro all’interno della fabbrica era soggetto a restrizioni e soprusi di vario genere di stampo autoritario e militare che erano sfociate anche in denunce e licenziamenti del personale addetto alla produzione delle munizioni. Per questo specifico caso, purtroppo, non si riesce a  collocare esattamente la data, perché il nipote Daniele non è stato in grado di fornire altre notizie, ma ha confermato la notizia più importante: Antonietta un giorno si rifiutò di presentarsi al lavoro, forse per protesta personale o forse perché era parte di un piano più grande per sabotare la produzione bellica, non siamo in grado di aggiungere al riguardo nessun elemento a sostegno,ma le conseguenze del suo rifiuto furono drammatiche. Per questo atto, Antonietta venne arrestata il giorno stesso e oggi – grazie agli elenchi dei reduci resi pubblici – sappiamo che addirittura venne deportata in Germania e, secondo la Croce Rossa, il 6 giugno del 1945 transitò a Bolzano proveniente da un lager ubicato a Berlino.

Di questa vicenda non si è mai parlato o raccontato a sufficienza, anche all’interno della sua famiglia o nella sua contrada di origine,forse perché di fatto Antonietta nel 1957 si trasferì a Roma e, tranne sporadiche visite a Ceccano,visse e lavorò in altri luoghi e magari, come capitato a migliaia di altri ex deportati o soldati, volle dimenticare quei tragici periodi.

Nella ricorrenza del 78° anniversario della Liberazione, ho voluto raccontare la storia di una comunissima persona che, senza imbracciare il fucile o appartenere ad una forza politica organizzata, si ribellò all’oppressione e ne pagò le conseguenze fino alla deportazione.

Spero che queste storie aiutino finalmente a conciliare anche nella nostra città quello spirito di ribellione alla base del riscatto dall’oppressione dittatoriale che contribuì alla liberazione e soprattutto della nascita della democrazia e della libertà nel nostro paese.

DEI DIRITTI E DELLA LIBERTÀ. A CECCANO

L’iniziativa con l’artista iraniano Reza Olia a pochi giorni dall’omaggio al martire del lavoro Luigi Cerroni

Il prossimo 14 gennaio, alle 17 (presso il bar pasticceria Zambardino) a Ceccano, il filosofo, poeta e scrittore Filippo Cannizzo, insieme alla CGIL, promuoverà un’iniziativa sulla questione dell’Iran, particolarmente sentita in tutto il mondo per le recenti azioni compiute contro i diritti delle donne. Ospite dell’iniziativa sarà l’artista Reza Olia – membro del consiglio della resistenza iraniana, da decenni impegnato per i diritti delle donne in Iran e autore della statua dedicata al pendolare nel giardino della stazione ferroviaria di Ceccano -. Sarà un’occasione per affrontare uno dei temi più caldi e di forte attualità e non è un caso che spunti a poche settimane da un’altra iniziativa che si è svolta sempre a Ceccano per porre l’attenzione su un altro diritto, quello al lavoro.

IL LAVORO

Nuovi dibattiti, discussioni che si trasformano e la comunicazione che sperimenta strumenti innovativi, ma i temi di cui si occupa la politica restano quelli di sempre. Come il lavoro. Anzi, prima di ogni altro il lavoro. Chi lo ha fatto? Chi ha pensato di rimettere sul tavolo quella delicata questione che soprattutto una certa parte di politica sembrava aver dimenticato? Ci ha pensato Ceccano, la città-laboratorio, la più incandescente quando la discussione mette a confronto generazioni di militanti politici, quella dove, dopo anni di dominio declinato solo a sinistra, una mattina la maggioranza della popolazione si è svegliata con lo sguardo a destra, scrivendo una pagina di storia che ancora una volta ha anticipato i tempi del traguardo che l’Italia intera ha visto tagliato solo lo scorso autunno con l’elezione della prima Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Di lavoro, dicevamo, è tornato a parlare in una Ceccano profondamente diversa da quando c’era lui seduto sulla poltrona di sindaco, Maurizio Cerroni. L’occasione è stata l’iniziativa promossa dalla Cgil provinciale nella sede di  Ceccano, dove il 21 dicembre 2022 è stata scoperta una targa intitolata al padre di Maurizio Cerroni, Luigi Cerroni, martire del lavoro. Come ricordato in apertura dell’evento l’8 maggio del 1972, durante la posa di un cavo elettrico, Luigi Cerroni cadde da un balcone. Trasportato all’ospedale di Frosinone, le sue condizioni apparvero subito gravi e a causa del profondo trauma cranico riportato venne trasferito presso l’ospedale Gemelli di Roma, dove morì l’11 maggio, a soli 50 anni. A 100 anni dalla nascita di Luigi Cerroni è arrivato l’omaggio della Cgil provinciale nel corso di una iniziativa promossa da Guido Tomassi (segretario Lega SPI CGIL), Beatrice Moretti (segretario generale SPI CGIL) e Giovanni Gioia (segretario generale CGIL Frosinone-Latina). Insieme ai loro interventi pronunciati con parole di partecipazione alla difesa del lavoro particolarmente applaudito è stato il lungo intervento (versione integrale sul portale http://www.loffredi.it) dell’ex sindaco Angelino Loffredi,  negli anni di quei fatti, segretario della sezione PCI di Ceccano (e solo più avanti sindaco della città fabraterna).

RICORDARE

“Nella mia attività lavorativa – ha ricordato ai tanti presenti Maurizio Cerroni –  e anche come amministratore pubblico, al consiglio Provinciale e nelle diverse istituzioni elettive, ho cercato sempre di sensibilizzare e promuovere, con la mia associazione AMNIL, iniziative mirate alla formazione e alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. I morti sul lavoro, dei veri martiri, vanno ricordati, onorati e va portato rispetto verso tutte le famiglie colpite nel corso dei decenni da una tanto grave forma di lutto. Alcuni anni fa, nel 1996, questi motivi portarono l’amministrazione comunale di Ceccano (nel periodo nel quale ero sindaco), a realizzare un monumento dedicato a tutti i martiri del lavoro. Il monumento fu inaugurato alla presenza di tante autorità, ma il mio ricordo va alle centinaia di persone che parteciparono. Qualche anno dopo, nel dicembre del 2007, l’allora sindaco Antonio Ciotoli pose una lapide di marmo con i nomi dei caduti.

Ancora è vivissimo in me quel ricordo. Conservo gelosamente la medaglia, importante riconoscimento in memoria dei caduti sul lavoro, e la pergamena che venne consegnata nelle mani di mia madre, così come alle altre vedove e agli orfani dei caduti sul lavoro. Davvero tante sono state le iniziative a cui si è dato vita su questo tema, a partire da quelle promosse dal già sindaco di Ceccano Angelino Loffredi, con la posa dei garofani rossi sotto la stele di marmo nella ricorrenza del 1 maggio. Però, andrebbe ricordato a tutti che la Giornata Nazionale vittime sul lavoro va celebrata, ricordata civilmente da parte dei Comuni, Province, Regioni, nella data del 9 ottobre. Purtroppo, in molti casi non si ricorda il necessario rispetto che meritano tutte le vittime del lavoro. Non ricordare è una grave colpa, visto che il fenomeno è ancora dolorosamente presente e le morti sul lavoro sono costantemente in crescita. Il sindacato e le istituzioni devono combattere, impegnarsi, denunciare, investire sui controlli, obbligando le imprese ad investire sulla sicurezza e la salute delle persone sul lavoro”.

Nell’iniziativa della Cgil provinciale a Ceccano, però, Cerroni ha colto molto: “Intanto a nome della mia famiglia, e insieme alle mie sorelle Pina e Rosa, voglio rivolgere un ringraziamento di vero cuore alla Cgil provinciale di Frosinone per l’iniziativa promossa in ricordo di nostro padre. In questi lunghi anni ho avuto la possibilità di incontrare tante persone, compagni di lavoro che avevano conosciuto mio padre, e da tutti ho avuto il riscontro che era un gran lavoratore e una persona buona. Questo è un ricordo che noi, figli e parenti, preserviamo. Nostro padre è stata una persona buona e rispettata. Mio padre, nato in una famiglia di 4 fratelli e 3 sorelle, in una famiglia contadina, figlio di Giuseppe e Angela Loffredi ha poi sposato mia madre, Masi Teresa, ed è stato padre di tre figli, Giuseppina, Maurizio e Rosa. Mio padre, come gli altri fratelli, ha avuto la forza di cambiare. Prima di tutto la loro condizione. E Roma è stata una grande occasione. Certo era duro fare il pendolare, ma lì c’era lavoro. E questa è la storia comune di migliaia di ceccanesi, il fenomeno del pendolarismo, verso la capitale.

Iniziò a lavorare con l’impresa elettrica SCAC che operava tra il Molise e l’Abruzzo subito dopo la guerra, occupandosi della costruzione di linee elettriche palificazione, elettrodotti. Insomma, lui e i suoi colleghi erano uomini che lavorano a decine metri di altezza dal terreno, andando in alto con grandi staffe ai piedi, come angeli, buttando le spalle nel vuoto e alzano le mani in cielo. Un lavoro speciale. Ancora oggi se penso a mio padre continuo a vedere così, in alto su i grandi tralicci, spalle nel vuoto e mani verso il cielo; lì da solo, lo immagino felice e sereno, libero. In seguito venne assunto dalla S. R. E. L. Società Romana Elettrica Lazio. Nel corso della sua vita ha partecipato a tanti scioperi per la Nazionalizzazione Elettrica. Finalmente, nel 1963 nacque Enel. Nello stesso anno venne assunto in questa neonata azienda statale Enel. Pendolare per quasi tutta la vita nella città di Roma. Lui, vissuto in una famiglia contadina socialista e antifascista, esternava liberamente le sue idee e quando serviva sottolineava il fatto che lui votava per il Partito Comunista Italiano, manifestando orgogliosamente la sua iscrizione e adesione al sindacato Cgil. Molti ricordi mi tornano alla mente dai suoi racconti di lotte, di scioperi, di fatica, di lavoro e nuove conquiste. Ancora, parlava spesso di sindacato e di quei sindacalisti che arrivano sul posto di lavoro nella pausa pranzo e condividevano “pane e companatico”, in particolare modo ricordava di quel sindacalista comunista, detto ‘il rosso’ per il colore dei suoi capelli: Paolo Ciofi. Quindi, mio padre fu trasferito a Frosinone nel 1971 presso Enel Zona di Frosinone”. L’8 maggio del 1972, come detto, la tragedia. “E’ vivo in me un ricordo indelebile, quello dei suoi funerali nella Chiesa di Santa Maria a Fiume, con la bara uscita dalla chiesa e portata in spalla dai tanti colleghi di lavoro, con il corteo funebre che attraversò tutta la città di Ceccano sino al cimitero. La storia di mio padre è la storia di tanti operai che alzavano la mattina per andare a lavoro e non hanno fatto più ritorno. Se un giorno, in qualsiasi luogo, qualcuno si ricorda di ‘loro’ è una cosa buona e giusta. Ricordare i martiri del lavoro è anche un monito verso tutti, perché non si può morire di lavoro.

C’è una poesia bella e struggente di Pablo Neruda che mi torna spesso alla mente:

<<Il Padre….

la mia vita sotto il sole trema e si allunga….

Padre, i tuoi dolci occhi non possono nulla,

come nulla poterono le stelle.

Padre

Ascolterò nella notte le tue parole! >>

SCEGLIERE

Nell’intervento dell’altro ex sindaco, Angelino Loffredi, presente alla cerimonia della CGIL, la scelta di campo che solo la politica può intraprendere:

<<Oggi ci vediamo per ricordare un nostro concittadino, Luigi Cerroni, morto sul lavoro e tanti altri che continuano a perdere la vita per lo stesso motivo con un ritmo di tre al giorno: mancanza di prevenzione e di controllo sui posti di lavoro. (…)

Era il lunedì delle elezioni politiche del 1972, in quel periodo ero segretario della sezione comunista di Ceccano, pertanto ero impegnato e completamente assorbito a seguire lo svolgimento delle stesse nella mattinata ed a raccogliere i risultati elettorali nel pomeriggio e nella sera”.

Sì, il 1972, anno dell’arrivo a Frosinone di Enrico Berlinguer, anno di quel mitico ed indimenticabile 1° maggio in cui un lungo corteo di macchine e motociclette partite da Ceccano, dopo un lungo giro nella Valle dell’Amaseno lo accompagnò dalla Palombara fin sulla Piazza del comune di Frosinone, ove tenne il più partecipato comizio dell’epoca repubblicana. Quello è anche il giorno in cui conobbi Maurizio in sella alla sua fiammante motocicletta.

In una nota che ho letto in questi giorni, riportata su uno dei mie quaderni, che insieme ai tanti manoscritti di comizi e interventi pronunciati negli ultimi 50 anni, gelosamente conservo, ho trovato questo appunto; si tratta di poche righe ma significative. “Alle elezione del 1972 la sezione dove il PCI ha avuto più voti è la settima, quella delle Celleta, il 61%, proprio la sezione dove aveva votato Luigi. Fra i tanti sicuramente c’era anche il suo”.

Alla domanda: dove eri il giorno del funerale di Luigi Cerroni quando venne portato a spalla dai suoi colleghi di lavoro dalla chiesa di Santa Maria a Fiume, attraversando tutto il paese, fino al Cimitero? Posso rispondere: in piazza, occasionalmente. Furono Pasquale Micheli, un compagno tuttora vivente e Francesco Del Brocco, successivamente consigliere comunale, a raccontarmi dell’accaduto”.

Ricordo che in quel momento collegai Luigi Cerroni ad un mio parente, Luigi Loffredi, operaio dell’Enel, scomparso un anno prima, anch’egli vittima di un incidente sul lavoro e che aveva terminato i suoi giorni su una sedia a rotelle. Era un collegamento legato solamente dalla commiserazione e dalla pietà. Autocriticamente, confesso, a tanti anni di distanza, non pensai alla necessità che si dovesse aprire una lotta contro gli omicidi sul lavoro. Noi comunisti a Ceccano eravamo concentrati e continuamente impegnati per assicurare i servizi civili nelle campagne: strade bitumate, potenziamento dell’energia elettrica, estensione del servizio idrico ecc. ecc, inoltre a portare il sindacato nelle fabbriche, a batterci per l’occupazione e per dare sostegno al popolo vietnamita. Non avevamo messo al centro una iniziativa contro gli incidenti nei posti di lavoro. Tale tema è diventato importante solo negli anni successivi.

Luigi Cerroni, scomparso a soli 50 anni ricordo che aveva lavorato con l’impresa SCAC sin dal dopoguerra, un’impresa addetta alla palificazione degli elettrodotti. Successivamente aveva lavorato per la Romana elettricità e partecipato agli scioperi per la nazionalizzazione dell’energia elettrica. Dopo il 1963 divenne dipendente dell’Enel. Era iscritto alla CGIl ed orgogliosamente affermava di votare per il PCI. Fino al 1971 Luigi ha fatto il pendolare. Solo da questo periodo incomincia a lavorare a Frosinone. Possiamo affermare senza sbagliare che aveva fatto una vita da pendolare>>.

PENDOLARI DEL LAVORO

<<A Ceccano – continua Loffredi – sappiamo che parlare dei pendolari vuol dire proporre non una storia ma tante storie, aspramente vissute, ricche e partecipate. Non dimentichiamo che nei giardini della stazione ferroviaria esiste addirittura il Monumento al Pendolare, realizzato dall’artista iraniano, Reza Olia, durante il periodo in cui Cerroni era sindaco. Per tutti gli anni sessanta e anche successivamente a Ceccano ogni giorno oltre mille operai partivano per andare a lavorare a Colleferro, Castellaccio e Roma. Raggiungevano la stazione ferroviaria a piedi o in bicicletta, con la pioggia, con il vento, con la neve. Viaggiavano su treni scomodi di legno, mossi a carbone, freddi d’inverno e torridi di estate. Più di qualche volta in risposta ai disagi subiti, ad un segnale convenuto i pendolari bloccavano il treno, aspettavano la polizia e l’arrivo dei giornalisti, spiegavano i motivi della fermata, poi nel momento in cui capivano che la notizia il giorno dopo sarebbe stata messa in circolazione, ottenendo così un clamore nazionale, ritornavano sui vagoni tranquilli e composti.

I pendolari hanno rappresentano il popolo in lotta, sono occupati prevalentemente nell’edilizia. Quando i metalmeccanici nazionalmente sono in crisi e per tanto tempo pagano la sconfitta avvenuta alla Fiat nel 1955, sono gli edili, quindi i pendolari ceccanesi, a scontrarsi con la polizia a Piazza Colonna, a battersi e conquistare il miglior contratto di lavoro, quello che eliminava il cottimo ed elevava la remunerazione salariale..

Sono i pendolari che durante lo sciopero del 1962 – quando Luigi Mastrogiacomo venne ucciso -, durante il mese di maggio si fermano tutte le sere avanti i cancelli della fabbrica a solidarizzare con gli operai del saponificio Annunziata in lotta, portando loro denaro per proseguire lo sciopero. Sono i pendolari quindi la forza politica più consapevole ed avanzata, quella che nei cantieri ascolta e discute con i sindacalisti.

Sono i pendolari che acquistano prima del ritorno a casa il giornale Paese Sera e, sempre sul treno, ne commentano le notizie, trasformando il viaggio in un seminario di apprendimento e di lotta politica. Sì, Luigi faceva parte di questo esercito, di tale avanguardia. Costoro conoscono cosa sia il conflitto, senza averlo studiato nelle Università, sanno che ogni obiettivo non si conquista senza lotta e senza unità. Senza questo esteso, consapevole strato sociale, caro Maurizio noi non avremmo avuto i nostri successi elettorali, non ci sarebbe stato un partito comunista che arrivò ad ottenere a Ceccano il 48% di voti. Quando andavamo nelle contrade a discutere ad organizzare le piattaforme di lotta chi partecipava già sapeva che non esisteva conquista senza lotta e senza unità. Sapeva che, come si dice adesso, doveva metterci la faccia. Era la strada che ci era stata spianata dall’esperienza politica e sindacale dei pendolari.

In questi giorni, pensando a Luigi Cerroni ho avuto un grande tarlo fra miei pensieri, più volte mi sono chiesto: possibile che un uomo che afferma di essere comunista che, come mi raccontava mio padre, fu in grado di contestare Checco Battista durante la campagna elettorale della primavera del 1956, lo stesso giorno della festa di battesimo del figlio Maurizio, possibile mi sono lungamente chiesto che questo uomo non sia mai stato iscritto al PCI?

E’ anche vero che la differenza fra iscritti e voti è stata sempre sproporzionata. Tantissimi voti ma pochi iscritti. Nel 1976, per esempio 4.000 voti ma solo 600 iscritti. Comunque mi son messo a trovare nei vecchi registri degli iscritti. Dagli anni 50 andando all’indietro fino all’immediato dopoguerra. Per qualche giorno non ho trovato niente di niente fino a quando , quasi sfiduciato, sono arrivato al Registro del 1944. Su questo ho trovato iscritto, con tanta trepidazione, Luigi Cerroni, bracciante, di Giuseppe,residente in Celleta, numero 10. Risulta essere uno dei primi iscritti: il 2 agosto del 1944.

Quando a Ceccano erano stati abbattuti i ponti sul Sacco e sulla ferrovia e non esistevano collegamenti fra le due realtà cittadine, quando proprio qui attorno, presso la Piazza, San Nicola, San Pietro e Borgo Pisciarello esisteva distruzione, si avvertiva sofferenza e miseria un nucleo di comunisti si univa, si organizzava e provava generosamente di rispondere alle esigenze della città. Quando un giorno chiesi a mio padre perché in quell’estate del quarantaquattro si iscrisse al partito comunista mi rispose “perché se i comunisti avevano vinto in Russia si poteva vincere anche in Italia”. Era la speranza di un radicale cambiamento che muoveva le coscienze e l’agire degli uomini. Tanti anni più tardi Berlinguer interpretando quelle eccezionali speranze la definì come la spinta propulsiva nata dalla Rivoluzione d’Ottobre. E di questa esperienza, pur esaminando e rilevando qualche errore che nel corso degli anni possa esserci stato, ne dovremo essere sempre orgogliosi e portatori.

Mi sento di terminare questo intervento con una necessaria considerazione: se i partiti per tanti anni hanno saputo ben rappresentare il lavoro realizzando una Costituzione che sin dall’articolo uno faceva riferimento al lavoro stesso; se hanno costruito uno stato sociale e nel 1978 una riforma sanitaria la migliore del mondo e se oggi purtroppo sono divisi e ancor più sono scalabili, corruttibili, fortemente condizionati da forze economiche predatorie l’unica forza d’opposizione rimane il sindacato. Prima fra tutte la CGIL, organizzazione che ancor oggi a Ceccano ed in Italia dimostra di stare dalla parte dei lavoratori. Teniamone conto>>.

Ceccano è questo – e molto, tanto, tanto di più – e se nei giorni scorsi qualcuno abbia scelto di tornare a mettere una lente d’ingrandimento sulla “questione lavoro” non è certo un fatto isolato. Merita di essere guardato come un segno del movimento politico che la città non ha mai smesso di alimentare. Qualcuno obietterà che se ne parla sempre nelle stesse stanze, sempre tra gli stessi, sempre nelle stesse modalità. Eppure è lì, in quella dimensione, seppur ormai logora e ridotta a brandelli, che riprende il dibattito sospeso e dove anche le giovani generazioni di politici possono provare a guardare, per scegliere di prenderne le distanze, o di farne un riferimento. Perché, forse, una giusta sintesi è quella citazione pronunciata nella giornata dedicata al martire del lavoro Luigi Cerroni dal figlio Maurizio: <<Recita una canzone di De Gregori: Noi siamo quelli che restano in piedi e barcollano su tacchi che ballano>>.

LA SCOMMESSA DELLA BELLEZZA

Parlare, riflettere, provare a dare un’idea. Lo facciamo spesso, lo fa il mondo intero e lo si fa guardando ai tanti problemi che ogni giorno ci tengono impegnati. E se provassimo a farlo guardando a quei problemi, alle ansie, ai disagi in maniera diversa? Se provassimo a spostare l’obiettivo lontano dai puntini neri allargando l’immagine all’insieme, al grande foglio?

Deve essersi fatto queste domande il filosofo Filippo Cannizzo all’indomani della serata di presentazione del suo libro Lacrime di gentilezza. Sulle tracce della bellezza per una (ri) generazione umana la scorsa estate in piazza a Ceccano, perché da lì è nata l’idea di non disperdere quell’intuizione e da lì ha preso forma l’iniziativa trasformata in un forum dal titolo provocatorio: ‘Ceccano capitale della bellezza’. Con l’occhio puntato alla linea guida dell’Agenda 2030.

Cannizzo ha trovato subito un giovane alleato, Adriano Papetti e insieme hanno promosso l’affollato incontro che sabato scorso si è tenuto presso l’ex cinema Italia dove molti ‘interpreti’ hanno accolto l’invito a partecipare per dare conto del loro sguardo alla ‘bellezza’.  E forse, accettando, non tutti avevano compreso la volontà precisa dei promotori ma il risultato finale ha lasciato un bel po’ di argomenti sul tavolo come un cassetto che si (ri)apre dopo un lungo periodo e da cui poter recuperare parole-chiave da cui farsi guidare.

LA SEMPLICITÀ –  Gianluca Popolla ha dato il via al pomeriggio e con decisione è andato dritto al punto: con l’associazione Cultores Artium il sogno di un giovane Andrea Selvini si è fatto realtà e da qualche anno sul territorio regala a turisti di ogni dove che arrivano al maestoso Castello l’affascinante storia dei Conti de’ Ceccano. L’azione culturale è degna di menzione per i risultati raggiunti e consolidati dal nulla ad oggi.

L’UMANITÀ – Lorenzo Pelloni ha regalato lacrime e una lezione umana di alto profilo con il viaggio che lui affronta da volontario (e presidente nazionale dell’associazione che guida) di clowterapia tra i reparti pediatrici degli ospedali del territorio e i sorrisi degli anziani che incontra con il suo gruppo nelle case di riposo. Un racconto senza filtri che ha commosso per

L’INCONTRO – Un sindaco illuminato e un’associazione teatrale. Sono gli ingredienti del progetto che l’attrice e regista Anna Mingarelli insieme alla sua compagnia teatrale sta portando avanti in provincia di Rieti. Così il comune di Rocca Sinibalda, 600 residenti, è riuscito a portare l’Europa a casa, proprio in casa degli abitanti disponibili all’accoglienza degli stranieri, con progetti di scambio culturale internazionale che renderà il piccolo centro fulcro di iniziative pluriennali. L’integrazione non è utopia.

LA POLITICA – Un ex sindaco Maurizio Cerroni ancora una volta proiettato verso il futuro, che non dimentica di citare l’anima anarchica di una città, Ceccano, che ha sempre tirato fuori le carte giuste e che ha già dimostrato di saper fare cultura, se vuole. Un ex sindaco che, a proposito di ‘Contea’ rivendica la paternità della ricerca storica che negli anni ’90 l’hanno portato, insieme ad Edoardo Papetti, alla scoperta dei de’ Ceccano e all’impresa amministrativa dell’acquisto dei due castelli. Primo a credere che dietro un’idea può nascere e crescere sviluppo. 

IL RICORDO – La bellezza di una città lontana ma ancora viva nella mente di chi, come il consigliere comunale di Frosinone Armando Papetti, ha voluto condividere con i presenti all’ex cinema Italia. Ceccanese per via di madre, Papetti ha riportato a galla i momenti di un’infanzia spensierata, vissuta in un ambiente semplice, lungo le sponde di un fiume vivibile con tanti protagonisti di quel momento storico.

L’ANALISI LUCIDA – Porta la firma del sociologo Maurizio Lozzi, fresco di stampa con il suo nuovo libro Un SACCO di silenzi: l’agonia di un fiume lasciato morire, la fotografia del momento e l’invito ad agire senza perdere ulteriore tempo: serve che tutti si facciano artefici del cambiamento!

L’ARTE – Intorno agli interpreti del pomeriggio dedicato alla ‘bellezza’ le opere della pittrice Fabiana Fioretti. Con il garbo di chi sa parlare attraverso i colori, di chi sa ascoltare, bella e gentile anche nell’espressione mentre spiega le sue proiezioni sulla tela, ha tirato fuori il suo messaggio elegante. Il punto di vista dall’interno.

I GIOVANI – Le grandi rivoluzioni passano per i più giovani. Per gli ideali che soprattutto i giovani non sono disposti a barattare e per i quali vale sempre la pena battersi. Ceccano è la città che più di molte ha saputo imparare dai giovani e dal mondo delle associazioni: lo sanno bene i ragazzi di Progresso Fabraterno che nell’ultimo periodo hanno dettato la linea e hanno mobilitato l’attenzione dell’opinione pubblica accanto a gruppi civici e partiti. Francesco Compagnone ha raccontato la voglia di cambiare condivisa con il numeroso gruppo riunito da Francesco Ruggero e raccogliendo l’invito alla bellezza ha lanciato, a sua volta, l’appello all’ascolto, all’unità d’intenti.

LE DONNE – Lo spazio che si è ripresa Elisa Tiberia senza la necessità di pronunciare la parola  ‘donna’. Il ruolo dell’altro punto di vista che la società ceccanese, fino a poco tempo fa, ha sempre dimostrato di poter affidare a chi, semplicemente, con un proprio contributo sa di poter partecipare al miglioramento. Una chiamata all’azione cui è giusto farsi trovare pronti anche in un momento difficile come quello che viviamo. Perché esserci conta di più.

LA SCUOLA – Dal prof. Alessandro Liburdi la serena riflessione di chi vive la fortuna di farsi travolgere dalla bellezza degli studenti, oggi accanto agli oltre 800 iscritti dell’Istituto Alberghiero di Ceccano (ma anche come prolifico scrittore con all’attivo diverse ‘belle’ pubblicazioni, ultimo in ordine di tempo il racconto Il trio degli anelli, per l’antologia Ciociari per sempre, Edizioni della Sera, 2022, a cura di Simona Riccardi) e che, allo stesso tempo, sa di poter iniziare da loro a coltivare la cultura del bello.

I BENI COMUNI – Nel discorso di Gino de Matteo una indicazione precisa: osservare in maniera attenta lo spazio di azione all’interno del quale interagire. I beni comuni che vale la pena di eleggere per la nostra cura. E lo dice raccontando il piacere di osservare una città che ama la questione politica e che ne sa fare impegno civico.

FARE ANCORA – Dopo aver già fatto. Se la si vede come l’ex assessore Salvatore Raoni che ai presenti ha voluto ricordare i punti alti della sua amministrazione, in particolare con la cultura, i progetti sul cinema e quelli del teatro, tutti incentrati sulla struttura dell’Antares. Un sistema operativo, quello dell’ex amministratore, in grado di concentrare su Ceccano un movimento culturale di qualità.

LA CITTÀ – La città che vorrebbe la consigliera comunale Emanuela Piroli e quella che ogni giorno vive a contatto con le persone e confrontandosi con loro. Da consigliera comunale, da medico, per Emanuela Piroli l’approccio è concreto e si nutre proprio dell’umanità che troppo spesso dimentichiamo.

IL TEMPO – Il collante che ha unito i partecipanti all’iniziativa promossa da Filippo Cannizzo è il tempo e non è certo un caso che l’osservazione sia arrivata da Alessandro Ciotoli, presidente dell’associazione IndieGesta e direttore artistico del Dieciminuti Film Festival, da venti anni alla guida di un movimento culturale finito sotto gli occhi di tutti, ben oltre i confini di Ceccano. Il tempo che decidiamo di dedicare agli altri, pensando ad una città migliore, condividendo gli aspetti del bello individuale per trasformarlo in bellezza.

LA BELLEZZA – Il senso della giornata nella conclusione di Filippo Cannizzo: fare comunità di chi desidera Ceccano come la città dei bambini e dell’ambiente,  la città dei diritti e dell’integrazione, la città dello sport e delle fragilità, la città dei giovani e del lavoro, la città della cultura e delle persone di ogni età. Perché Ceccano, anche seguendo le indicazioni dell’Agenda 2030, può immaginarsi città della bellezza e diventarlo in pochi anni. Infatti, la bellezza e la gentilezza possono rappresentare un investimento sul futuro, quello di un cambiamento all’insegna del benessere collettivo e degli individui, del miglioramento della qualità della vita, anche per questa città.

Pensando alla bellezza che verrà un nuovo appuntamento è stato già proposto dal gruppo per gennaio prossimo.